Napoli, tabù ottavi di Coppa Italia: dalle scelte di Conte al flop delle riserve
Per il quarto anno di fila gli azzurri lasciano il torneo a questo punto del tabellone: pesa la linea varata dall'allenatore, che dà la precedenza al campionato lanciando i rincalzi, che a loro volta deludono

Antonio Conte (Ansa)
Napoli, 6 dicembre 2024 – Per qualcuno è una maledizione, per altri forse quasi un sollievo: per la quarta volta di fila il Napoli abbandona il cammino in Coppa Italia agli ottavi di finale, ma stavolta lo fa dopo aver iniziato il cammino già ai 32esimi. All'epoca, all'inizio della stagione della ricostruzione dopo le macerie lasciate dal disastro post scudetto, in mancanza di competizioni europee quella nazionale era diventata una priorità per provare a rilanciare subito un progetto finito in miseria dopo aver toccato il punto più alto. Nel giro di pochi mesi tutto cambia: a sorpresa, gli azzurri recitano subito la parte del leone in campionato, imponendosi presto come leader solitari della classifica, seppur tallonati a distanza ravvicinata da una folta schiera di inseguitrici. In questi casi, si sa, come da malcostume diffuso la Coppa Italia diventa quasi un intralcio: quella stessa Coppa Italia che invece, in mancanza di altri obiettivi, si trasforma nell'ancora di salvezza di intere stagioni. Neanche il Napoli fa eccezione a questo modo di pensare, radicato nella piazza ma forse anche in qualche componente della società. Nel mezzo di queste due posizioni probabilmente c'è Antonio Conte, che ai microfoni del post sfida che ha consegnato i quarti alla Lazio, che troverà una tra Inter e Udinese, ha difeso le sue scelte, scacciando il pensiero malizioso di un'eliminazione da parte dei suoi quasi cercata: allo stesso tempo, però, non ha negato la voglia di sperimentare e far ruotare i protagonisti in campo, per cementare un gruppo che altrimenti rischia di sgretolarsi ma anche per tastare il polso allo stesso, consegnando alla società il report delle valutazioni in ottica mercato di gennaio. E, pensando alla performance dell'Olimpico, l'impressione è che ben poche unità abbiano strappato la sufficienza.
Tabù ottavi
Cercata o meno, fatto sta che ancora una volta il Napoli, arrivato agli ottavi di finale di Coppa Italia, incassa un'eliminazione. A completare il poker maledetto è la Lazio, mentre ad aprirlo, nella stagione 2021-2022, era stata la Fiorentina: poi fu la volta della Cremonese, retrocessa a fine anno mentre gli azzurri avrebbero festeggiato lo scudetto, prima del Frosinone giustiziere l'anno scorso con un clamoroso 4-0 al Maradona a coronamento (si fa per dire) di un disastro che si sarebbe allargato anche al campionato. Quest'anno, in Serie A, la musica è molto diversa per merito di una rosa uscita rinforzata dal mercato estivo, nel segno di ben 150 milioni spesi per i soli cartellini dei giocatori, e della mano di Conte, che per sua stessa ammissione ha voluto ricostruire da zero provando a poggiare le fondamenta sulla mentalità, la prerogativa più importante per plasmare un progetto duraturo. Quanto accaduto ieri all'Olimpico, però, sembra un po' stridere con questo diktat del tecnico salentino, già una divinità per la piazza nonostante i suoi pregressi in bianconero. Lo stesso Conte, tra l'altro, che fin dall'estate si è più volte lamentato dell'assenza del Napoli nelle Coppe: una lacuna importante sul piano della preparazione, al punto da confessare in conferenza stampa di aver addirittura pensato a organizzare delle amichevoli internazionali durante la settimana. Poi arriva l'impegno vero infrasettimanale e il Napoli vi si presenta in versione B nella sua totalità: più che di turnover si può tranquillamente parlare di rivoluzione vera e propria. O di sperimentazione per capire chi può continuare a dare il proprio apporto alla squadra che si è trovata al primo posto in classifica in maniera tanto meritata quanto inattesa. Il verdetto, almeno quello dell'Olimpico, è stato impietoso, con lo stesso Conte che non ha nascosto pensieri e retropensieri, ringraziando chi di dovere per non aver finora pagato un dazio pesante agli infortuni: concetto che non tutte le inseguitrici possono affermare.
Il Conte pensiero
Insomma, che quest'anno la Dea Bendata abbia sorriso spesso al Napoli è un concetto pacifico, così come lo è quello che vede la suddetta fortuna andare sempre dai più audaci e meritevoli. Aver avuto il coraggio di mettere pesantemente mano al mercato, lasciando per una volta da parte le priorità societarie legate alle finanze sane e sconfessando gran parte delle scelte precedentemente fatte, ha proiettato gli azzurri in una dimensione cara agli dei del pallone, che a modo loro avevano provato a dare una mano anche in una serata non approcciata nel migliore dei modi fin dalle scelte di spogliatoi. Come già accaduto, in tempi più o meno vicini, ad altri protagonisti, Mattia Zaccagni 'sceglie' il Napoli per sbagliare il suo primo rigore in carriera: una sliding doors positiva che però Tijjani Noslin cancella con tre colpi di spugna che sanciscono la qualificazione dei suoi ai quarti di finale. E l'eliminazione degli azzurri, che da ora in poi potranno concentrarsi esclusivamente sul campionato, per una scelta, ponderata o meno, voluta o meno, che nel quartier generale di Castel Volturno non è inedita. I precedenti non mancano e non sempre hanno detto bene, perché se in fondo vincere aiuta a vincere, vale anche l'opposto: a maggior ragione se, come da Conte pensiero, l'obiettivo è costruire una mentalità vincente a lungo termine. Nel Conte pensiero è però anche incluso l'affidamento a un nocciolo duro della rosa: i cosiddetti titolarissimi, da tutelare e difendere con la speranza dichiarata senza mezzi termini che nessuno si faccia male. Specialmente se intanto dalle retrovie le cosiddette seconde linee non sembrano fornire le dovute garanzie. Forse proprio loro sono i principali sconfitti della serata dell'Olimpico. Da Giacomo Raspadori a Rafa Marin, passando per Juan Jesus e Alessio Zerbin: sono molti gli azzurri che hanno sfruttato male la chance offerta loro, per grazia ricevuta o per esigenza, da Conte, che a sua volta ha così lanciato un messaggio alla società, magari chiamata a gennaio ad aprire di nuovo i cordoni della borsa per alzare ulteriormente il tasso qualitativo della rosa. Il tutto nonostante in ballo, ormai, ci sia ormai una sola competizione.
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