Ciclismo, Gesink: "Ho scelto di non doparmi"

L'olandese, fresco di ritiro, torna sugli albori della carriera: "Sono stato a lungo incerto sul da farsi, ma grazie al mio allenatore non ho seguito quella strada che mi avrebbe privato dei miei obiettivi"

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO -
6 novembre 2024
Robert Gesink (Ansa)

Robert Gesink (Ansa)

Roma, 6 novembre 2024 - Quando si pensa ai corridori che hanno appeso la bici al chiodo, erroneamente, il focus se lo prendono i capitani, ma nel 2025 in gruppo non si rivedrà neanche Robert Gesink, uno dei più grandi gregari che sta già provando a ripercorrere i tratti salienti della propria carriera.  

"No al doping"

Durante il podcast De Rode Lantaarn l'olandese ha rivelato aneddoti divertenti su ex compagni di squadra come Denis Menchov e Oscar Freire (il primo pare fumasse una sigaretta al giorno fino al primo giorno di ritiro, mentre il secondo millantava problemi al ginocchio per poi giocare a tennis). Non solo: nell'epopea lunga 18 anni nell'allora Rabobank l'ombra del doping è stata bella lunga. "All'epoca ero piuttosto incerto sul da farsi e su come sarebbe stata la mia carriera. Non volevo seguire quella strada, ma non vedevo cambiamenti significativi. Avevo molti dubbi ma, grazie al mio allenatore Louis Delahaje, non ho mai preso in considerazione l'opzione doping". Un no di cui andare fieri, al netto di qualche momento di perplessità per fortuna rimasto a quello stadio. "Se avessi imboccato quella strada non avrei raggiunto gli obiettivi che invece ho toccato". Ben più di recente, nel 2022, nella tappa 18 della Vuelta il classe '86 ha subito una bella beffa inflitta sull'Alto del Piornal da Remco Evenepoel ed Enric Mas. "Erano dietro di me, andavano a tutta e mi hanno raggiunto all'ultimo. Il giorno dopo Mas è venuto da me raccontandomi di essere stato punzecchiato nell'orgoglio da Evenepoel e, di conseguenza, di aver corso per vincere anche a costo di beffarmi. Io ero comunque orgoglioso di me per aver avuto la possibilità di lottare per la vittoria in una Vuelta già nera perché Primoz Roglic si era ritirato". Esiste però anche la campana di Evenepoel. "Venne da me e mi disse che Mas gli avrebbe lasciato la tappa purché non vincesse 'quel Gesink lì'. Quest'anno siamo tornati su quella salita e Mas è tornato ancora da me a scusarsi per quanto accadde allora. Per questo tendo a credere di più a lui, anche se entrambi si erano colpiti a vicenda".  

"Oggi non ci si diverte più"

La dura vita dei gregari, appartenuta anche a Simon Geschke, a sua volta fresco di ritiro. E senza troppi rimpianti. "Oggi tutto è super serio e sono tutti sotto pressione: le squadre per il sistema dei punti Uci, i corridori per i contratti e gli sponsor per il loro tornaconto. Certo, è sempre bello correre al Tour de France e alle Classiche - continua il tedesco ai microfoni di Rouleur - ma il divertimento è un'altra cosa. Anche nei ritiri era così: noi ci allenavamo, facevamo resistenza, ma di sera si beveva anche qualcosa per socializzare. Oggi è diverso: per restare ad alti livelli non si può fare più nulla: neanche uscire dalla camera. Poi è arrivata la tecnologia e oggi è difficile fare anche una pedalata di allenamento con i professionisti, che sono in tiro già a dicembre".

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