Ciclismo, Vingegaard sul rebreathing: "Come fumare una sigaretta"

Il danese prova a suo modo a sminuire le polemiche scoppiate intorno all'utilizzo di monossido di carbonio, espressamente sconsigliato dall'Uci: "Se diventasse una pratica vietata, non la userei più"

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
30 novembre 2024
Jonas Vingegaard (Ansa)

Jonas Vingegaard (Ansa)

Roma, 30 novembre 2024 - Il ciclismo e il monossido di carbonio, un tema tornato di attualità in seguito al semaforo rosso acceso nei giorni scorsi dall'Uci dopo mesi di tollerenza: la pratica, chiamata rebreathing, sarà ancora legale almeno finché la Wada non si esprimerà definitivamente in un senso o nell'altro. Se ne riparlerà nei prossimi mesi: intanto, tra i fruitori famosi di questa tecnica c'è Jonas Vingegaard, che in una conferenza stampa si è espresso sul tema senza particolari ritrosie.  

Le dichiarazioni di Vingegaard

  "Si tratta di una questione delicata e difficile da affrontare, ma ovviamente qualora un giorno fosse vietata non la userei più. Comunque, abbiamo utilizzato questa pratica solo nei training camp per testare l'efficacia degli allenamenti in altitudine". Il danese quindi conferma la teoria esposta dalla sua Visma-Lease a Bike e dalle altre squadre che pubblicamente non hanno mai nascosto di ricorrere al rebreathing, come UAE Team Emirates e Israel Premier-Tech, secondo le quali l'uso sarebbe da ricondurre solo alla fase di preparazione. In realtà, i benefici di queste inalazioni di monossido di carbonio, secondo chi sostiene la teoria della pratica da vietare in quanto dopante, parlano dell'impennata del tasso di emoglobina nel sangue che potrebbe falsare le gare. Ma c'è di più: secondo l'Uci e i suoi studi, il vero problema potrebbe risiedere in danni a lungo termine alla salute, con addirittura lo spettro finale della morte. "Non sapevo che il monossido di carbonio potesse essere usato in maniera impropria. Ho sentito dire che quando ciò accade possono insorgere molti problemi al proprio corpo. Ma quando lo si fa una volta sola - conclude Vingegaard - in fondo è come fumare una sigaretta. Io non lo faccio e mai lo farò, ma ci sono persone che ne fumano tante al giorno". Insomma, anche da questo raffronto messo in piedi dal danese quasi a voler difendere il rebreathing si intuisce quanto invece, a quanto pare, i danni per la salute possano essere più dei presunti benefici, legali o meno, nell'attività sportiva.

Vaughters contro Prudhomme

  Intanto si accende una polemica rovente tra Jonathan Vaughters, general manager dell'EF Education-EasyPost, e Christian Prudhomme, direttore del Tour de France. Il motivo? Il desiderio di quest'ultimo di abbassare la velocità in gruppo per ridurre gli incidenti. Tramite il proprio profilo X, l'ex corridore statunitense non ha nascosto il proprio dissenso. "Mi fa assolutamente infuriare il modo in cui questi pezzi grossi, che non hanno mai corso neanche su un triciclo per bambini, guadagnando milioni e milioni sulle spalle dei corridori poi scarichino su questi ultimi le responsabilità dei problemi della sicurezza". Insomma, la diplomazia non è di casa Vaughters, che poi spiega più nel dettaglio la vera indole a suo dire dei ciclisti. "Sono persone altamente competitive, programmate fino al midollo per correre rischi come i piloti di F1. Quello che si può fare è creare un ambiente più sicuro intorno a loro".

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