Alpinismo: Luciano, 70 anni, maestro di sci nordico dell’Acquadela, ha affrontato la scalata insieme con la figlia Shasa. Dalla pista del Lucchini al Kilimangiaro. Benati si regala un’emozione indescrivibile
E’ uno dei migliori maestri di sci nordico dell’Acquadela e, con tanti soci del sodalizio, come Massimo Martelli, ha preso...

Shasa e Luciano Benati sulla vetta del Kilimangiaro
E’ uno dei migliori maestri di sci nordico dell’Acquadela e, con tanti soci del sodalizio, come Massimo Martelli, ha preso parte a manifestazioni internazionali del circuito Worldloppet, dalla Marcialonga nella Valle di Fiemme e di Fassa, alla Vasaloppet di Svezia per passare poi alla Birkebeiner Rennet (Norvegia), Finlandia Hiito e Vaskolihiito (Finlandia) e Dolomitenlauf (Austria).
Un pioniere che ha insegnato a tanti giovani e adulti questa disciplina attraverso la teoria e la pratica sulla pista del ‘Lucchini’. Questa volta, Luciano Benati, 70 anni, vigile del fuoco in pensione l’ha combinata davvero grossa perché, con la figlia Shasa, 35 anni, ha scalato il Kilimangiaro.
"Un giorno a Moshi – racconta Benati – per organizzarsi e briefing con le guide. Da lì all’ingresso del parco Marangu Gate. L’avventura comincia dalla via classica, la Marangu Route, la più frequentata. Arriviamo a Mandara Hut a 2720 metri, fa freddo. Si esce dalla foresta e il panorama cambia. Intravediamo la vetta innevata del Kilimangiaro, ma è lontanissima".
Dopo circa 7 ore e 11 chilometri sempre in salita, di sentieri, padre e figlia sono a Horombo Hut a 3720 metri. La quota comincia a farsi sentire. Visitano una zona, a oltre 4000 metri chiamata Zebra Rocks, famosa per le rocce striate. Il quarto giorno partenza per Kibo Hut, il campo base prima dell’attacco finale. Altri 10 chilometri in circa 7 ore. I panorami sono mozzafiato.
"Siamo spaventati – aggiunge Benati –, davanti a noi un muro grigio fatto di ghiaia e roccia. Mancano 6 chilometri, ci facciamo coraggio a vicenda. Siamo giunti fino qui e ce la dobbiamo fare. Mangiamo qualche cosa, prepariamo gli zaini e tutto l’abbigliamento. Fa freddo c’è vento e ci aspettano i -15, -18 lungo il percorso".
Luciano e Shasa sono emozionati: finalmente la partenza per Uhuru Peak, la vetta.
"Non è più un normale trekking. Il sentiero sale quasi verticale e il fondo di ghiaia fa affondare i piedi aumentano la fatica. Dopo circa un chilometro e più di un’ ora abbiamo superato abbondantemente i 5 mila metri, e la crisi ci assale. Shasa respira male e fa sempre più fatica, io la conforto, ci riposiamo un po’ perché vogliamo farcela".
Stella Point a 5.756 metri: da lì il sentiero è meno ripido, sono sul bordo del cratere del millenario vulcano. Il terreno comincia a essere coperto di ghiaccio e neve, e mentre il sole sta per sorgere si capisce che la vetta ormai è vicina.
"Ciò che vediamo – la chiosa di Luciano – anche se è ancora buio, è indescrivibile. Poi il sole sorge e l’alba è una cosa unica. Siamo in vetta. Oramai c’è luce e l’emozione non si può descrivere. Ci abbracciamo e piangiamo assieme. E’ stata durissima , ma ne valeva la pena".
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