Dalle Due Torri a Brooklyn. Baiesi, il top manager: "Ora lavoro per i Nets e vado a caccia di talenti»
La nuova avventura di Daniele, 48 anni. In passato ha collaborato con l’Eurolega e operato con successo in Germania tra Bamberg e Monaco di Baviera "E pensare che il mio sogno nel cassetto era quello di diventare giornalista".
Da Bologna a Brooklyn, passando per Biella, Detroit, Reggio Emilia, Avellino, Bamberg e Monaco di Baviera. E’ la storia di Daniele Baiesi, 49 anni da compiere tra un paio di settimane, bolognese doc, appassionato da sempre di canestri. Così appassionato da trasformare il suo amore per la pallacanestro in una professione. E Daniele, detto ‘Baio’, è uno dei migliori dirigenti prodotti negli ultimi vent’anni. Anche se lui, da grande, voleva fare il giornalista. Professione che comunque ha affrontato con entusiasmo, salvo poi prendere altre strade.
Baiesi, lei e la pallacanestro.
"Ho cominciato presto".
A scrivere e costruire squadre?
"No, ho iniziato dalla base. Facevo la maschera. Poi quando è nato il progetto Telebasket, sono stato uno dei primi ad aderire".
La rete, senza dimenticare la carta stampata.
"Già il Domani e Tuttosport".
Poi Marco Atripaldi, che era il giemme di Biella, la chiama in Piemonte.
"E lì la mia vita prende un’altra strada".
Fatta di contatti, squadre ben costruite e titoli. Già, quanti titoli?
"Qualcosa qua e là, ma non ho fatto l’inventario dell’argenteria".
In Germania…
"Sì è chiusa la mia esperienza con il Bayern. Adesso sono consulente dei Brooklyn Nets".
L’ha fatto anche per i Pistons di Detroit: il coronamento di un sogno.
"Veramente non avrei voluto fare il dirigente".
Qual era il sogno nel cassetto?
"Fare il giornalista".
Poi il salto.
"Se mi guardo alle spalle dico che è andata bene. Ma non avevo l’idea di fare il dirigente. Anche perché quando ho cominciato a scrivere, di fatto, la professione del dirigente a tempo pieno non c’era. C’erano in quegli anni Maurizio Gherardini, Roberto Brunamonti, Enzo Lefebre e Toni Cappellari. Non c’era una scuola, non c’era un’idea".
La chiama Atripaldi.
"Già, lascio Bologna, vado a Biella. Comincio a capire determinate situazioni".
Tante situazione, diversi amici.
"Con Brunamonti c’è rispetto, amicizia. Una persona di un’integrità morale unica".
Anche Messina.
"Ettore mi aveva contattato una volta andato a Milano. Poi, non se ne fece nulla. Ma è una proposta che ricordo con tanto piacere".
Sveliamo un suo lato segreto?
"Quale?".
Le imitazioni. Riusciva a trasformarsi in diversi colleghi giornalisti…
"Vero (ride, ndr). Ne chiamavo uno, spacciandomi per un altro. E devo dire che la situazione andava avanti. Ho sempre avuto un lato goliardico. Me lo sono portato dietro anche durante l’esperienza all’estero".
Famiglia?
"Non ho figli. E non sono sposato. Con il mio temperamento nomade non sarebbe stato facile".
E’ uno dei migliori dirigenti europei.
"Figuriamoci".
Dovesse definire il suo lavoro?
"Ricorrerei a Raul Cremona e a quando faceva in tivù Silvano, il mago di Milano".
Che diceva Cremona?
"Non sto facendo niente. Però lo sto facendo molto bene".
Da Raul Cremona al più serioso Gramsci. Dal regista David Lynch alla pellicola Mediterraneo: citazioni colte e amene.
"Mi piace leggere e non solo".
In Germania per diversi anni. Parlerà il tedesco alla perfezione.
"Lo capisco, ma non lo parlo".
Cosa significa andare in Germania?
"Confrontarsi e misurarsi con una cultura diversa. Mi piace questo aspetto di comprendere altre realtà".
Ha girato l’Europa.
"Sì, una volta in Serbia sono finito in una zattera galleggiante sulla Sava. Un locale pieno di cestisti. Fumavano tutti. Un aspetto che magari, non tutti conoscono".
E Bologna?
"Casa. Alla fine ci torno sempre volentieri. In questi giorni sono a casa Mi piace correre, fino alle Due Torri e tornare a casa. Non rinuncio ai miei dieci chilometri giornalieri di corsa. Mi aiutano sia a pensare, sia a staccare".
Il luogo del basket per eccellenza a Bologna?
"Ho vissuto il PalaDozza. Se penso ai canestri, dico piazza Azzarita. Ho vissuto anche il primo Polosport, come veniva chiamato l’impianto di Casalecchio. Ma se penso a un luogo dei canestri, a Bologna, dico proprio il PalaDozza. O al limite i Giardini Margherita, nel senso di playground".
Lei dirigente di grande valore e tanto ammirato. Ogni tanto il suo nome viene accostato a Bologna.
"Non potrei mai".
Perché?
"Per ogni partita interna finirei per avere un migliaio di richieste per ingressi omaggio. Non fa per me".
Non si ferma, Baio. Continua a scherzare con le sue imitazioni. E a fare sul serio con i canestri. Non si diventa consulenti per la Nba – in passato ha collaborato con l’Eurolega – se non si hanno i numeri giusti. Bologna può attendere. Ma se vedete uno che corre soddisfatto verso le Due Torri e poi torna indietro, allora è lui, Daniele Baiesi.
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