Mc Millen John, il genio dei numeri in panchina
Arriva in Italia nel 1973 con Peterson, del quale è il visionario vice in Virtus. Poi porta la Fortitudo a una finale di Coppa Korac. Scompare nel 2010
Il primo allievo, in Italia, di Dan Peterson. Così bravo e geniale, e per certi versi un po’ naif, da ‘abbandonare’ Dan e attraversare semplicemente la strada. Così, da vice allenatore della Virtus che aveva appena vinto lo scudetto – anno di grazia 1976 – si ritrova con il ruolo di head coach della Fortitudo.
Una manciata di indizi che però offrono un quadro inequivocabile per chi è cresciuto a pane e canestri: stiamo parlando di John Mc Millen. Coach geniale, americano di coppa, ai tempi della Virtus, cugino della stella Tom. E ancora infaticabile giocatore di flipper, scout geniale e mai banale, allenatore del Gira. Senza dimenticare le esperienze a Rimini, Porto San Giorgio e Imola (sponda Virtus).
Un’icona a Basket City che ancora rimpiangiamo, perché John ci lascia il 9 gennaio 2010, non senza aver dispensato il suo buon umore, le sue visioni. La cadenza inconfondibile: dopo quasi quarant’anni di vita all’ombra delle Due Torri, avendo sposato per altro una bolognese (Lella Moruzzi, che gli regala due gioie, i figli Michael e Margot), John non perde mai l’accento americano. Anzi, quello ‘nobile’ di New York, perché John nasce nella Grande Mela il 22 aprile 1948.
Ironico come pochi e capace, soprattutto, di non prendersi sul serio. Come quando, con molta onestà intellettuale, raccontava gli inizi da giocatore.
"In una partita della Ncaa giocai 59’30’’ senza segnare un solo punto. Quello che entrò al mio posto fece il canestro decisivo. Capii allora che non avrei avuto un grande futuro da giocatore. Alle fine del college ebbi solo una richiesta dai professionisti: mi volevano i Dallas Cowboys, peccato che giocassero a football americano. Ma il mio sogno era allenare, sin dall’età di 15 anni. E quando Dan mi propose di seguirlo, non ci pensai un attimo" (testimonianza nel nel volume, curato da Emilio Marrese e Roberto Serra, ‘Bologna Fortitudo Sessant’anni di canestri biancoblù’, Iguana Press Editore).
Comincia così l’avventura da tecnico di John che, all’Università, gioca per Delaware. Segue Peterson anche nell’avventura in Cile. Quella alla guida della Nazionale sudamericana che si conclude qualche giorno prima del colpo di stato di Pinochet, che azzererà le libertà in Cile, con migliaia di vittime, per lunghi anni. C’è ancora chi, a distanza di di mezzo secolo, attribuisce a Dan, che scappò qualche giorno prima del colpo di stato ai danni di Salvador Allende, un ruolo di agente della Cia.
Conoscendo la bontà d’animo di John sembra davvero difficile vederlo nei panni del fiancheggiatore di uno spietato agente segreto. O, peggio ancora, complice di un violento regime militare.
Lasciando l’esperienza cilena, con tutto quello che ne segue per le leggende metropolitane, John sbarca a Bologna al seguito di Dan. In comune hanno i terribili pantaloni a zampa d’elefante e uno spiccato accento yankee. Dan è piccolino, John alto, biondo, con i capelli lunghi e i boccoli.
Per Dan non è solo il braccio destro, ma anche l’americano di coppa. Negli anni Settanta, oltre all’unico straniero di campionato, le squadre possono aggiungere un secondo straniero per le coppe. L’avvocato Porelli non stravede per la Korac (vuole solo la Coppa Campioni) e John, durante la settimana, lascia la giacca e la camicia a collo largo nell’armadietto per indossare tuta e calzoncini.
"John era la mia arma segreta – ricorda Peterson –. Se c’era da far fuori qualche grosso giocatore avversario bastava fargli un cenno. E lui giustiziava senza pietà". Dan è il vulcanico coach, maniaco dell’organizzazione e dell’ordine. John è più estroso, quello delle intuizioni immediate, come la zona 1-3-1: insieme si completano.
C’è lo zampino di John nell’arrivo di Tom Mc Millen a Bologna. Oltre ai dollari promessi dall’avvocato Porelli, Tom, che in quegli anni studia a Oxford, si lascia convincere dalle parole del cugino. Sì, perché John e Tom sono davvero parenti.
Il ruolo di vice – affrontato solo con Peterson – gli va stretto. Così John diventa capo allenatore della Fortitudo. E lancia il celebre slogan "Andiamo e divertiamoci". E’ la Fortitudo di Leonard e Raffaelli, Bonamico (prestato dalla Virtus) e Benelli, Arrigoni e compagnia. Terzo posto e finale di Korac: la Fortitudo arriva prima della Virtus. Perché per una finale internazionale (Coppa dei Campioni) i tifosi della V nera devono attendere fino al 1981. Sposa Lella, che è la figlia del presidente Fortitudo Moruzzi. E, insieme con Lella, sposa la Fortitudo. Lo troviamo su altre panchine (anche Gira Ozzano). E al club arancionero, vista l’amicizia con Stefano Dall’Ara, resta vicino anche dopo la sua uscita dal basket. Nessuno come lui sa leggere nelle mente dei giocatori, in particolare nei momenti di difficoltà.
E se chiudiamo gli occhi e ci lasciamo trasportare dai ricordi, lo rivediamo, solo virtualmente purtroppo, in giro per Bologna, con i suoi boccoli e il suo slang. Mago dei flipper, John è un genio dei numeri. E’ tra i primi a studiare e applicare codici di efficienza al basket. Dà una mano anche a Luciano ’Lucky’ Capicchioni (anche lui scomparso anzitempo, il 2 marzo 2021 a San Marino), il principe degli agenti ed è sempre pronto a parlare di canestri e di talenti. Con le sue visioni oniriche, che ti permettevano di comprendere l’importanza di un giocatore al di là dell’unico dato che, di fatto, veniva tenuto in conto in quegli anni, i punti segnati.
Un genio. Un amico. Quanto ci manca.
(35. continua)
Continua a leggere tutte le notizie di sport su