Quelle meteore a Bologna. Gli otto bauli di Amaechi. Delusione Olowokandi. Herren, il vizio del bere
John nel 1997 risponde alla chiamata della Nazionale inglese. Mai più visto. Michael è la prima scelta assoluta, ma il professor Grandi aveva tanti dubbi. Chris, problemi di alcool. Poi il riscatto con due fondazioni per i giovani.
Eravamo arrivati, nel precedente racconto, al 1992 e alla Fortitudo di Shaun Vandiver. Quattro anni più tardi, siamo nel 1996, l’Aquila, allenata da Sergio Scariolo – che entra in campo al coro della Fossa, "Sei bellissimo, oh, oh" – ha appena conquistato la prima finale scudetto della sua storia. Beffata da Milano, la squadra, che ha vissuto del talento smisurato di Sale Djordjevic, decide di rompere i rapporti con il serbo. Al suo posto, John Kevin Crotty, che alla prima uscita, si scaviglia. Scavigliato o meno, John Kevin, che nelle intenzioni della dirigenza di via San Felice potrebbe avere un futuro da italiano, non incide mai. L’eredità di Djordjevic è pesante da sostenere per tutti, figuriamoci per John Kevin. E’ un bravo ragazzo, anche un discreto giocatore – metterà insieme partite nella Nba, tra Miami, Portland, Seattle, Detroit, Utah e Denver –, ma dopo tredici gare gli viene dato il benservito. Valerio Bianchini, che nel frattempo ha preso il posto di Scariolo, punta tutto su Erick Murdock.
E’ tutt’altro che tristo, come si dice a Bologna, ma in bianconero non decolla. John Amaechi sbarca all’ombra delle Due Torri nel 1997. Ha giocato nel Panathinaikos con Hugo Sconochini, è nato a Boston, ma ha passaporto inglese. Dalla Grecia, prima ancora che Joey Saputo sdogani il termine ‘stranino’ riferito a Thiago, dicono sia eccentrico. Nel 2007 passa alla storia nella Nba per essere stato il primo giocatore a dichiarare la sua omosessualità. In Virtus dovrebbe essere il centro titolare. Ma in quella Virtus ci sono Savic, Binelli, Frosini e l’imberbe Nesterovic. Dopo sette partite, Amaechi risponde alla chiamata della Nazionale inglese. Si imbarca al Marconi con otto bauli: è chiaro che non è un andata e ritorno. Mai più visto all’ombra delle Due Torri. E’ il 1998: la Virtus ha appena chiuso il rapporto con Zoran Savic. La V nera scommette su Zarko Paspalj: un altro asso della Serbia baciato dagli dei dei canestri. Forse meno duro del predecessore Savic in difesa, ma in attacco…
Già, in attacco. Non trova mai la strada giusta. Zarko, che lascia di sua spontanea volontà, resta nell’immaginario collettivo per il look – perennemente in ciabatte – e per quell’inclinazione al tabagismo che non agevola il suo modo di stare in campo. Passano pochi mesi, le guerre stellari tra Virtus e Fortitudo sono al massimo livello. I biancoblù hanno appena ingaggiato Vinnie Del Negro. Nella Nba, per di più, il campionato è fermo per il lockout: la Virtus porta in città una prima scelta assoluta, Michael Olowokandi. Nato a Lagos, in Nigeria, figlio di un diplomatico, cresce in Inghilterra. E’ la prima scelta dei Clippers, Bologna fiuta l’affare. L’unico che ha dei dubbi è Enzo Grandi, il professore, l’uomo che cura i muscoli bianconeri. "Mah – dice dubbioso il Prof – quella massa muscolare e quelle ginocchia. Non mi convince". Ha ragione, come sempre, il Prof. Tre gare in campionato, qualcuna in Eurolega. Poi la Nba. Ma per essere una prima scelta assoluta, una carriera al di sotto delle attese.
Nel 2001 la Fortitudo pesca Chris Herren, ha un passato Nba tra Denver e Boston. Ma ai tempi del college, tra un infortunio e l’altro, abusa di alcool e non solo. L’amore per la bottiglia si manifesta in Fortitudo, sotto lo sguardo di uno stupefatto di Abele Ferrarini. Sei partite, poi un lento declino fino a quando, nel 2009, lancia la Herren Hoop Dreams, una scuola basket per ragazzi e, nel 2011 la fondazione Progetto Herren per aiutare i giovani tossicodipendenti attraverso il processo di recupero. Redento.
Chi non lascia il segno, o lo lascia in negativo, è la Virtus dell’ultimo Madrigali che cala un poker di campioni da dimenticare. Mladen Sekularac viene dipinto come il nuovo Danilovic. "Jaric a confronto è un timido" dice chi lo conosce. Lo conoscono bene Alessandro Lelli e Roberto Rimondini, i due medici Virtus. Mladen lo si vede più infermeria che sul parquet. E che dire di Ruslan Avleev? Arriva a Bologna con l’etichetta di Charles Barkley degli Urali. Un derby da protagonista, poi dimenticato da Tanjevic in panchina. E poco più. Ma il poker non è ancora finito. In squadra c’è Dejan Koturovic: 213 centimetri, 118 chili, cittadinanza italiana. E’ una Virtus che, nella seconda fase dell’Eurolega, perde tutte le partite. Una, clamorosa, a Casalecchio, contro l’Olympiacos. E’ il 13 febbraio 2003, la Virtus è sempre avanti e ha quattro lunghezze di vantaggio quando mancano pochi secondi. Basterebbe rimettere il pallone e far trascorrere il tempo. Rimessa a Koturovic, lancio baseball, palla persa e canestro greco. Chi fa una seconda rimessa? Ancora lui, Dejan. Lancio baseball, palla persa e canestro Olympiacos. Finisce 73-77 con un Koturovic surreale all’uscita. "Non ho capito i fischi dei tifosi". Ventuno anni dopo, i presenti, si interrogano ancora su quelle due rimesse.
Che sia una stagione disgraziata, lo si capisce dalle scelte. Arrivano due francesi: Paccelis Morlende e Yannick Gagneur. Il primo si rompe subito. Il secondo ‘rompe’ il povero Valerio Bianchini. Alla palestra di via dell’Arcoveggio si accende un alterco tra Gagneur e Brkic. Il francese brandendo uno spazzolone si avvicina con fare minaccioso verso David. Bianchini pensa che bastino la sua presenza e la sua autorità a smorzare gli animi. Il francese non è dello stesso avviso.
Bianchini, oltre a una stagione da dimenticare, rimedia anche una frattura al braccio per evitare guai peggiori. Ovvero una bastonata in testa.
(2. continua)
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