Serie B, il tecnico dell’Adamant arrivò a Ferrara proprio dodici mesi fa: "Qui sto bene e sento l’affetto della gente. Meritano una gioia». Benedetto, un anno sulla panchina estense: "Grandi emozioni, ora completiamo il lavoro»
Coach Benedetto, un anno esatto sulla panchina di Ferrara. Che voto dà a questi primi dodici mesi? "Ne do due:...
Coach Benedetto, un anno esatto sulla panchina di Ferrara. Che voto dà a questi primi dodici mesi? "Ne do due: comincio da un otto per la parte sportiva, perché lo scorso anno siamo quasi arrivati fino in fondo rimettendo in piedi una situazione difficile, e ora stiamo facendo un’ottima stagione. Ci eravamo detti che volevamo fare un campionato da protagonisti, e nonostante qualche battuta d’arresto casalinga che mi ha parecchio infastidito, la squadra si sta riassestando per cercare di fare un finale di campionato in crescendo. Poi c’è la parte emotiva: come mi trovo in questa piazza, l’affetto che mi dà la gente, quella con cui lavoro e quella che viene a tifarci la domenica. Quella parte merita un dieci, davvero di cuore e sentito".
Perché un anno fa scelse Ferrara? "Lo feci assieme alle mie figlie. Avevo altre offerte ma il giorno in cui mi chiamò il direttore sportivo Pulidori il cuore mi portò subito qua: le mie due figlie appoggiarono la decisione, e firmai per Ferrara. Ero contentissimo, il fatto di provare a costruire qualcosa di importante in una piazza con un passato così glorioso mi stuzzicava ed era per me motivo di grande orgoglio: volevo e voglio tuttora cercare di dare il mio contribuito per riportare Ferrara dove merita. Ancora oggi le mie motivazioni sono altissime, ed è proprio per questo che mal sopporto le sconfitte. Tanta gente ci segue, e uscire dal nostro campo con una sconfitta sulle spalle pesa il doppio".
A proposito di motivazioni: quanto l’uscita in semifinale playoff dello scorso anno a Fidenza ha alimentato la voglia di proseguire il percorso qui a Ferrara? "Ho un ricordo particolare di quel periodo, il presidente Maiarelli e l’allora vice Cattani mi chiamarono prima della fine del campionato proponendomi di restare anche l’anno successivo: quello per me è stato un gesto importante, nella pallacanestro e nello sport in generale difficilmente c’è spazio per il rispetto e la riconoscenza, e qui invece l’ho trovato. Avevamo conquistato credibilità, nonostante la delusione fosse fortissima. La voglia di riscatto però era ancora maggiore: avrei potuto scegliere altre strade, ma sono determinato a portare questo percorso fino in fondo".
In fondo dove? "Vogliamo conquistare quello che lo scorso anno non siamo riusciti a raggiungere. A volte dirlo apertamente può portare male o essere preso come segnale di presunzione, ma è inutile nascondersi: crediamo nel lavoro quotidiano, io voglio arrivare là, ad aprire quel sogno nel cassetto insieme ai nostri tifosi e a tutta la nostra gente".
Jacopo Cavallini
Continua a leggere tutte le notizie di sport su