Forlì, le recriminazioni non finiscono più . Nel mirino gli errori arbitrali e non solo
Rigori non concessi, decisioni dubbie in serie e la maxisqualifica non abbreviata a mister Miramari: sempre più attrito col ‘Palazzo’
Il Forlì non ha santi in paradiso. Questa è l’amara e cruda verità. Sì, perché delle due l’una: o il club di viale Roma è per qualche motivo addirittura malvisto nel Palazzo, oppure non conta comunque granché rivestendo quindi un ruolo periferico e marginale rispetto a chi detiene le leve del calcio. Non serve troppo, infatti, per capire che sul piano del peso politico il Forlì è virtualmente in fondo alla classifica e non in alta graduatoria com’è sul campo.
Se c’era ancora qualche dubbio, è definitivamente sparito sabato nella notte del ‘Benelli’, in occasione di un derby d’alta quota, quello perso 2-0 col Ravenna, marchiato da decisioni arbitrali ancora una volta ostili ai biancorossi, che hanno suscitato un vespaio di polemiche.
Nell’occhio del ciclone è finito stavolta il fischietto Giovanni Matteo di Sala Consilina, ‘reo’ di aver danneggiato il Forlì due volte: dapprima per aver annullato, contravvenendo clamorosamente a quanto recita il regolamento, un gol di Lilli (rimesso in gioco dagli avversari), che avrebbe potuto ravvivare il finale della partita; poi negando un calcio di rigore plateale per un fallo ai danni di Farinelli.
E come accade secondo una liturgia ormai consolidata, a farsi interprete delle convinte rimostranze biancorosse ribadite in loop ("Meritiamo rispetto") è stato, all’indomani del ‘misfatto’, l’equilibrato direttore generale Matteo Mariani.
La galleria degli abbagli arbitrali ai danni del Forlì, si sta facendo nutritissima, comprendendo, già prima del derby e in ordine cronologico, i calci di rigore ‘generosissimi’ (per non dire inventati) fischiati contro i biancorossi nelle trasferte di Altopascio, Castel Maggiore e San Dàmaso, rispettivamente contro Tau, Progresso e Cittadella Vis Modena.
Non solo, perché alle massime punizioni (in campo) vanno aggiunti i ‘danni collaterali’, ovvero i provvedimenti draconiani del giudice sportivo: in primis la maxi squalifica inflitta a mister Miramari, stangato con 4 giornate ("per espressione irriguardosa rivolta al direttore di gara"), delle quali nessuna condonata stante il rigetto del ricorso.
Come tacere poi della chiusura di una porzione della tribuna del ‘Morgagni’, avvenuta in occasione della partita Forlì-Corticella dello scorso 29 settembre, disposta in seguito ai pur beceri e inqualificabili ululati razzisti di un paio di esagitati ultras biancorossi durante la gara con la Victor San Marino della stagione 2023/24? Qui è soprattutto la tempistica del provvedimento a risultare piuttosto singolare…
Nel mentre, tra i tifosi dai fegati spappolati il dubbio s’insinua strisciante: il Forlì lassù dà fastidio a qualcuno? Ora, se davvero si vuole uscire dai gironi infernali della serie D, categoria aborrita da una piazza (sfiduciata) che merita ben altri palcoscenici, è probabilmente il momento di sbattere i pugni sui tavoli che contano, anziché abbaiare alla luna e divulgare comunicati tanto irrituali quanto alla fine evidentemente inutili. E forse anche qualche innesto autorevole in ambito dirigenziale non guasterebbe... Il Ravenna del giovane patron Ignazio Cipriani, per esempio, ha affidato la vicepresidenza a un rubizzo 78enne che di nome fa Ariedo e di cognome Braida. Sì, proprio lui: un ‘monumento’ del calcio italiano, il direttore generale del Milan del Cavalier Berlusconi che ha vinto tutto il vincibile. Insomma, uno che ‘pesa’.
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