Dalla racchetta all’acciaio

Dopo quindici anni di carriera Marcora ha cambiato vita .

di DI ALESSANDRO STELLA -
13 dicembre 2023
Dalla racchetta all’acciaio

Dalla racchetta all’acciaio

BUSTO ARSIZIO (Varese)

di Alessandro Stella

Best ranking al numero 150 nel 2020, un quarto di finale Atp raggiunto in India nello stesso anno e una più che buona carriera -durata quindici anni- nei circuiti Futures (11 titoli vinti) e Challenger (5 finali perse, tra cui una celebre a Bergamo nel 2019, che vide un giovanissimo Jannik Sinner conquistare il suo primo trofeo a livello professionistico). Le ultime due stagioni di Roberto Marcora, nato a Busto Arsizio nel 1989, sono state particolari. Ha annunciato il ritiro una prima volta nel 2022, ha deciso di ritornare a giocare e poi ha lasciato definitivamente il tennis nel 2023. E ora l’ex tennista lombardo si racconta: dai motivi che lo hanno spinto a chiudere la carriera, all’interesse per il pickleball - nuovo sport simile al tennis in voga nell’ultimo periodo- fino al rapporto e alla finale con Sinner.

Ricostruiamo i suoi ultimi due anni. Cosa l’ha portata a questo doppio ritiro tra 2022 e 2023?

"Nonostante abbia deciso di ritornare in campo dopo il primo ritiro, non ho mai realmente pensato di riprendere a giocare come in passato. Il ritiro del 2022 è stato dettato soprattutto dalla delusione per non aver potuto partecipare agli Australian Open di quell’anno. Ero stato trovato positivo al covid pochi giorni prima di quel torneo e all’improvviso tutta la preparazione e i sacrifici fatti sono andati in fumo. In quel momento quindi come si dice mi è un po’ “scesa la catena” e complici anche altre problematiche personali ho deciso di smettere. Poi nei mesi successivi ho pensato che una carriera, durata per anni come nel mio caso, non può essere abbandonata da un giorno all’altro e così a giugno 2022 sono tornato per giocare un’ultima volta nei miei tornei preferiti, cioè Us Open, Australian Open e Indian Wells che è stato l’ultimo torneo giocato nel 2023 e nella mia carriera. Ma è stato solo un saluto finale".

Tra i problemi personali che citava c’è anche quello legato alla mancanza di guadagni?

"In realtà non del tutto. Certo soprattutto ad inizio carriera, fino ai 23 anni circa, è stato fondamentale l’aiuto economico di mio padre. Poi iniziando a giocare nei tornei del Grande Slam sono riuscito sempre un minimo a mantenermi. Ha comunque ragione Djokovic quando dice che solo i giocatori della top 100 hanno degli utili. Per il resto entro la posizione numero 400 della classifica vai in pari tra guadagni e spese. Sotto quella posizione vai spesso in perdita. Non è per nulla facile".

In questo momento, post tennis, a cosa si sta dedicando?

"Dopo il ritiro sono entrato nell’azienda di famiglia, nel settore dell’acciaio laminato. Un mondo completamente diverso ma che comunque ti mette di fronte a tante diverse sfide".

Recentemente a Torino lei ha vinto il torneo di doppio ai Campionati di pickleball. Cosa ha di speciale questo sport emergente?

"Io sono entrato in contatto col pickleball quando ero a Miami. In America tutti giocano a questo sport. Devo dire che il pickleball un po’ mi ha attirato, a differenza del padel che con le sue pareti non mi è mai piaciuto. Però per me il tennis è uno sport vero, gli altri due sono solo giochi utili per mantenersi un minimo allenati. Certo padel e pickleball attirano la gente proprio per la maggiore semplicità e immediatezza che li contraddistinguono rispetto al tennis. Nel tennis servono molta più pazienza e applicazione".

Veniamo alla finale persa a Bergamo contro Sinner nel 2019. Che impressione ebbe?

"In realtà conosco Sinner dal 2014. Ci incontrammo d’estate all’Isola d’Elba, dove io mi stavo preparando per la trasferta in America. Un giorno Riccardo Piatti, suo coach all’epoca, mi fece allenare con lui. Io mi ritrovai davanti questo ragazzino magro e timido, ma mi accorsi subito che in realtà aveva grande talento. Venendo alla finale di Bergamo, non posso dire di averlo sottovalutato, però ammetto che pensai di poter finalmente vincere il mio primo Challenger. Pensai che magari lui avrebbe potuto sentire la tensione della prima finale in carriera. Invece mi dominò e non concesse nulla, aveva già la stoffa del campione".

Pronostico: riuscirà Sinner a vincere uno slam nel 2024?

"Nel 2024 non so, dipende ancora da… Djokovic. Però sì, un giorno vincerà uno slam. Io glielo auguro perchè è una persona davvero educata e genuina. E lo auguro anche al suo staff, specialmente al suo allenatore Simone Vagnozzi".

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