L’addio di Matteo Piano. "Io, capitano inclusivo. Ora smetto per cambiare»
Dopo otto anni alla corte dell’Allianz Powervolley del patron Lucio Fusaro domani contro Modena cala il sipario sulla carriera di un grande campione.

Dopo otto anni alla corte dell’Allianz Powervolley del patron Lucio Fusaro domani contro Modena cala il sipario sulla carriera di un grande campione.
Luci soffuse, fari puntati su Matteo Piano e platea colma. Se fossimo a teatro questa sarebbe l’immagine perfetta per l’ultima (in “regular season“) del capitano dell’Allianz Milano. Giù il sipario, esce di scena il numero 11, da otto anni alla corte del club di Lucio Fusaro. Lo fa all’apice della carriera, sorridendo, sempre, ed essendo grato del percorso, in cui ammette, suo malgrado, è diventato un simbolo di resilienza e in cui deve “patire“ fino all’ultimo, tra eliminazione dalla Champions e una annata non da protagonista. Non poteva essere altrimenti, il filo conduttore è quello. Eppure, tra difficoltà e vittorie, è in pace con sé stesso e con il volley. Domenica saluterà davanti alla sua famiglia che l’ha sempre lasciato libero. Giocare in questo contesto lo imbarazza: "Me la canto e me la suono – ripete – ma alla fine mi vergogno".
Quando ha deciso di smettere?
"In campo sto bene, a livello di grinta sarei andato avanti: è qualcosa che ho iniziato a provare già l’anno scorso. Fisicamente, se hai tanti problemi, devi investire del tempo: è impegnativo. In più volevo uscire di scena al top. E’ stato determinante".
Si è confrontato con compagni o con famiglia?
"Ho sempre vissuto la pallavolo amandola. Da giovane, mi arrabbiavo dicevo ‘smetto il prossimo anno’, sapevo che il volley era sempre lì. Durante le estati in Nazionale dicevo che avrei smesso a 30 anni. Mio padre mi disse ‘fai ancora gli ultimi tre anni’: sono arrivato a 33 e ho resistito fino a 34. Quando mi sono fatto male al tendine d’Achille mia mamma mi disse di smettere, sia lei che mia nonna Anna. L’unica operazione che mi ha messo in crisi è stata il tendine nel 2018. Volevo lasciare, ero arrabbiato con il mondo. Gli amici mi hanno visto spesso stanco a livello di energia e la mia famiglia ha sofferto quando mi sono fatto male. I miei ormai sono sereni. Mi vedono maturo e consapevole. Simone Giannelli mi ha chiesto come mai abbia detto in anticipo della scelta, ma sono fatto così. A inizio anno tutti pensavano che non avrei smesso e sapere che gli altri mi vedano come qualcuno che non avrebbe mai detto basta mi fa piacere".
Che pensa di aver lasciato?
"Inizialmente, ho detto il sorriso. Lorenzo Tubertini, anni fa, quando mi arrabiavo mi diceva: ‘fattene una ragione, nel mondo del volley devi restarci, è una missione’. Non aveva torto, l’ho capito negli anni. Ho lasciato uno stile con cui affrontare la vita da sportivo, cercando di prendere molto da altri ambienti".
Oggi è in pace con il volley?
"Sì, ho sempre amato la pallavolo. Mi faccio i complimenti ma sono stato molto severo con me, sono ambizioso. Ci sono cose che non mi sono piaciute, ma sono in pace".
E ora?
"Tutti hanno grande fiducia in me, mi fa ridere. Mia mamma teme che vada al “Grande Fratello“, perché ho detto che vorrei fare tv, ma come comunicazione o radio. Ho tante idee: vorrei entrare in un nuovo palcoscenico, aspetto proposte belle. Mi piacerebbe presentare, fare l’inviato. Spero ci sia un cambiamento: sono stato bravo a lasciare a ogni cosa il suo spazio, non è il momento dell’ansia e della paura, magari ci saranno. Finisco perché voglio cambiare, non mi vedo allenatore".
Che capitano pensa di essere stato a Milano?
"Sono sincero ma anche str***o e ironico. Ho dato tanto. Sono rompipalle, ma lo faccio a fin di bene: sono stato me stesso. L’ho sempre fatto in squadra, ho cercato di accogliere le fragilità, di confrontarci. Sono riuscito a farlo quasi sempre, sono orgoglioso del capitano che sono stato, non sono sicuramente stato il migliore ma l’ho fatto a modo mio, spingendo sul livello comunicativo e sul linguaggio, cercando di lottare contro gli stereotipi, sono stato inclusivo".
Il suo ciclo all’Allianz?
"Sono grato a Lucio Fusaro e Fabio Lini per avermi portato qui. Milano non è città di volley, abbiamo fatto tanto ed essere riconosciuto per il volley qui, mi fa piacere. Non ho vinto tanto ma è stato un bel percorso fatto in un contesto come questo".
Vittoria e delusione maggiore.
"Tante: la World Cup 2015 e il bronzo all’Europeo di quell’anno e la prima Coppa Italia con Modena. Delusione? Le ultime due Coppe Italia con Milano. Ho capito che non sempre c’è un lieto fine e ho fatto pace con questo".
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