Paolo Canè: "Io credo a Sinner, è stata un’ingenuità"

L’ex tennista e il caso doping: "È un personaggio trasparente, forse la sentenza è stata benevola, ma le regole sono state rispettate"

di DORIANO RABOTTI -
21 agosto 2024

Milano, 22 agosto 2024 – Paolo Canè è stato un tennista capace di infiammare le folle dei tifosi con le sue giocate e il carattere caliente. Ora da commentatore non risparmia le critiche. E anche sul caso Sinner, assolto dopo essere stato trovato positivo, non si nasconde.

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Canè, che idea si è fatto della vicenda?

"Mi è sembrata una leggerezza da parte del massaggiatore, questa parte è stata abbastanza chiarita. Anche perché stiamo parlando di una sostanza che in quelle concentrazioni non dà neanche vantaggio".

Molti non capiscono perché sia stato tenuto tutto sotto silenzio per quattro mesi.

"Quello che mi sento di dire è che con i risultati che ha fatto dopo, al posto di Sinner sarei tranquillo. Perché se uno sa di aver preso qualcosa, non gioca sereno, nel bene e nel male. Lui è uno preciso che guarda qualsiasi cosa fino al pelo. Ed è uno dei pochi che mette i suoi collaboratori sotto contratto".

Questo lo ha aiutato, i giudici hanno scritto che circondarsi di professionisti esperti è un segno di scrupolosità.

"Forse la sentenza è stata un po’ benevola, però se ci sono le regole e le hanno rispettate, vuol dire che va bene così".

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Nel verbale si parla anche di controlli mensili tutti negativi nell’anno precedente.

"Credo proprio che ci sia stata un po’ di leggerezza nel team. Si poteva forse gestire meglio anche la comunicazione, adesso tutti si chiedono: perché non ci sono più quei due che lo seguivano?"

Lei è di Bologna, conoscerà Naldi e Ferrara.

"No, non di persona".

Lei crede alla buona fede di Jannik?

"Lui è trasparente e pulito, non si possono creare casi simili".

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Però il mondo del tennis sembra chiuso verso l’esterno.

"Nell’ambiente ogni volta che uno vince un incontro maratona escono dei sospetti, vedi partite con durate pazzesche e subito qualcuno pensa al doping. Ma poi la conferma non c’è, e allora di che cosa parliamo?".

Qualcuno dice che Sinner si è salvato solo perché è il numero uno.

"Perché se fosse il numero mille che cosa cambierebbe? Non c’entra niente, la legge è uguale per tutti, se uno viene beccato. Lui ha dimostrato che non sapeva di aver ricevuto la sostanza, e chi ha indagato ha capito la sua innocenza e la sua trasparenza. Mi sembra che Jannik stia dimostrando qualcosa con i suoi comportamenti".

Resterà comunque una macchia, secondo lei?

"Spero di no per lui, è una cosa che gli è venuta addosso, ma in realtà non lo riguarda. Resterà solo agli occhi di quegli ignoranti che aspettano al varco per criticare, gli stessi che magari il giorno prima lo portavano in trionfo e ora sfogano la loro invidia sui social".

Canè, prima di Parigi lei era l’ultimo medagliato italiano alle Olimpiadi nel tennis, bronzo a Los Angeles ’84. Purtroppo era sport dimostrativo.

"Ma io la medaglia ce l’ho e ne sono fiero, e al ritorno io e Raffaella Reggi fummo ricevuti al Quirinale da Sandro Pertini. Musetti, Errani e Paolini ci hanno regalato una bellissima emozione, cerchiamo di ricordarcelo e di non massacrarli quando qualche risultato non arriverà".

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