José Mourinho, trionfi e fallimenti dello Special One

José Mourinho non è più allenatore della Roma, una notizia che, nonostante gli ultimi risultati non siano stati dei migliori, arriva come un fulmine a ciel sereno. Una carriera fatta di tanti, sonori, trionfi, ma anche con qualche basso di troppo specialmente negli ultimi anni. Andiamo a ripercorrerla.

di KEVIN BERTONI
16 gennaio 2024

Milano, 16 gennaio 2024 - Se sei conosciuto come lo Special One già dai tempi di quella Champions con il Porto un motivo ci dovrà pur essere. A José Mourinho quel soprannome è sempre piaciuto, e ci mancherebbe, anche perché lo eleva a uno status un pochino diverso rispetto a tutti gli altri e lui, in alcune delle sue iconiche conferenze stampa, non è che l'abbia tenuto troppo nascosto. Però anche José Mourinho ha dimostrato di poter essere normale, perché nella sua carriera ricca di successi e trofei nei maggiori campionati europei, ci sono anche dei tonfi importanti. Non ultimo, quello con la Roma di quest'anno, dopo la Conference League, e i tentennamenti se rimanere o meno sulla panchina giallorossa, questa mattina è arrivata la notizia che il 3-1 con il Milan gli è costato la panchina. Allora, giunto a sessant'anni, è il momento di tirare un po' di somme della carriera in panchina di José Mourinho. E lo facciamo per tappe, dall'esordio in Portogallo con il Benfica per poi passare a quella Champions miracolosa con il Porto, il Chelsea di Abramovich che iniziava a diventare un punto di riferimento in Premier e non solo, quella Inter lì, quella del Triplete, poi Real, United e tutte le altre.

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Ha provato a fare il calciatore, ma si è ritirato a 24 anni. Il padre José Mario dos Santos Mourinho Felix (per i più "Felix"), portiere del Vitoria Setubal in Portogallo, gli ha trasmesso tutta la sua passione per il pallone, ma José più che giocare preferiva coordinare, che è diverso dal semplice allenare. D'altronde, lo disse lui stesso tempo fa in una intervista: "Ho capito che non potevo essere un grandissimo giocatore, che non avevo il talento sufficiente e ho capito che anche da giovane ero più allenatore in campo che giocatore". Dopo qualche anno come vice sulle panchine di Porto e Barcellona, muove i primi passi da capo allenatore nel 2000, per la precisione il 23 settembre quando in Liga Nos va in scena Boavista-Benfica. L'inizio? Non benissimo, il suo Benfica perde 1-0. Ma alla fine nelle 9 partite allenate fece registrare più successi che sconfitte, come il 3-0 contro lo Sporting. Perché solo nove partite? Perché José Mourinho è sempre stato l'uomo che tutti conoscono oggi, anche per quanto riguarda la schiettezza nel mettersi contro la società se lo riteneva necessario, infatti si dimise il 5 dicembre a causa del cambio di presidenza del club. Dopo una breve parentesi all'Uniao Leiria, nel gennaio 2002 sostituisce sulla panchina del Porto Octavio Machado, con tale André Villas Boas come assistente. Insomma, un bel duo. Il primo anno si chiude con un terzo posto e qualificazione in Champions League. Per l'annata successiva si punta su portoghesi come Ricardo Carvalho, Costinha, Deco e Helder Postiga che, con Mou in panca, fanno vincere il titolo al Porto, nonché il primo trofeo di José Mourinho. Nonostante il successo anche nella Coppa del Portogallo, l'allenatore di Setubal non è ancora Special, serve la stagione 2003/2004. Il Porto è una squadra rodata che in campionato macina vittorie e chiude, ancora, al primo posto con 82 punti e titolo con 5 giornate d'anticipo. Ma c'è anche la Champions, quella Coppa che i tifosi del Milan ricordano sin troppo bene vista la storica rimonta subita (non senza polemiche) dal Deportivo La Coruna. I Dragoes battono lo United agli ottavi, è praticamente un'impresa, fanno fuori il Lione e si ritrovano in semifinale proprio contro quel Deportivo. Pari senza reti all'andata e 1-0 a Oporto, è finale. Nell'altra parte di tabellone c'è un'altra cenerentola: il Monaco, capace di eliminare Real Madrid e Chelsea. Ma gli uomini di Mourinho ne hanno di più: secco 3-0 e Champions che torna di proprietà del Porto dopo diciassette anni. Adesso sì, adesso è davvero Special.

Il grande salto: il Chelsea di Abramovich

Vinta la Champions, Mourinho sente che il suo percorso in Portogallo è terminato, come a voler dire che più di così è impossibile. Ma, in realtà, perché già da qualche giorno prima della finale di Gelsenkirchen un top club europeo si era fatto avanti. Diciamo solo che questa situazione si ripresenterà qualche anno più tardi, i tifosi dell'Inter lo sanno. Nel 2004 Mourinho vola a Londra, Chelsea per la precisione. Si fa conoscere subito per le sue interviste senza peli sulla lingua e la sua filosofia di gioco definibile come "risultatista". Arrivano non solo i successi, ma pure i record: titolo al primo anno con 95 punti (record poi battuto), una sola sconfitta e solo 15 gol subiti. Conquistata anche la League Cup, oggi nota come Carabao. La stagione successiva si bissa il titolo e si aggiunge anche Supercoppa d'Inghilterra. Nella terza stagione sulle rive del Tamigi non riesce a vincere il titolo visto che il suo Chelsea arrivò dietro lo United, in Champions per la seconda volta verrà eliminato in semifinale ai rigori. Arrivano però i successi in FA Cup e Coppa di Lega. L'ultima annata è deludente, i rapporti con Roman Abramovich si incrinano e alla fine Mou risolve coi Blues.

Da Londra a Milano, l'Inter del Triplete

Nel 2008 José Mourinho sbarca in Italia, a Milano sponda nerazzurra. Tempo di entrare a San Siro che arriva il primo trofeo: la Supercoppa Italiana battendo ai rigori la Roma. Arriva anche lo scudetto 2008/2009 con due giornate d'anticipo, dunque fate pure 5 per il conto dei campionati conquistati fin ora. La stagione successiva, 2009/2010, inizia con una sconfitta in Supercoppa Italiana contro la Lazio. Curioso, esattamente come il suo primissimo esordio in panchina al Benfica, l'annata migliore della carriera di José Mourinho parte con una sconfitta. Quell'Inter è troppo per tutti: l'eterno capitan Zanetti, Samuel e Lucio a far da guardiani di Julio Cesar, Stankovic e Cambiasso, poi là davanti Eto'o e il Principe Diego Milito. Proprio l'argentino segnerà i gol decisivi per vincere tutto. Il 5 maggio all'Olimpico contro la Roma arriva la vittoria della Coppa Italia, undici giorni dopo all'Artemio Franchi Miilito regala al popolo nerazzurro anche lo scudetto grazie al gol contro il Siena. Il 22 maggio però è il giorno più importante. Dopo una semifinale di ritorno a dir poco storica a Barcellona, l'Inter torna in finale di Champions League e davanti c'è il Bayern Monaco di Robben e Ribery tra i vari. Ma dall'altra parte c'è Diego Milito che ne fa due e dopo quarantacinque anni l'Inter torna a vincere la Champions League. Triplete e quel pensiero, come ai tempi di Oporto, che più di così non si possa davvero fare. Già da qualche settimana circolava il suo nome per una delle panchine più prestigiose al mondo, quella del Real Madrid, e lui in conferenza sviava sempre il discorso. Vinta la Champions festeggia poco, quasi niente, con i ragazzi, all'uscita dal Bernabeu sale su una macchina, vede Materazzi, si ferma, scende, i due si abbracciano e piangono perché cosa accadrà di lì a poco lo sanno già. Il Santiago Bernabeu che ha incoronato lo Special One come uno dei miglior allenatori al mondo, diventerà la sua casa per le prossime stagioni.

Mou e Cristiano, un rapporto non idilliaco

Nell'estate Mourinho firma per il Real Madrid e l'anno successivo vince il FIFA World Coach of the Year. La parentesi coi Blancos però non si dimostra all'altezza delle aspettative: arrivano solo una Coppa del Re nel 2011, una Liga l'anno dopo e una Supercoppa sempre nel 2012. In ambito europeo il Real fatica e visto il blasone del club di Madrid questa cosa alla dirigenza non va proprio giù. Arriva la rottura tra il club di Florentino Perez e José Mourinho nel 2013.

Il ritorno al Chelsea, la minestra riscaldata non è sempre buona

Certo, non era più il Chelsea che aveva lasciato, ma nessuno si potesse immaginare che questo ritorno di fiamma tra il tecnico portoghese e i Blues potesse andare così male. Arrivano comunque due trofei: una Premier e una Coppa di Lega nel 2015, ma l'anno successivo si arriva alla risoluzione consensuale a metà stagione per via di un'inaspettata striscia di sconfitte che relegarono il Chelsea al 16° posto dopo altrettante giornate. Per lo spogliatoio non era più Special.

Per tornare Special serve un teatro particolare, il Teatro dei Sogni

Mourinho resta in Premier League, trasferendosi al Manchester United al posto di Van Gaal. Nell'agosto del 2016 arriva subito la Community Shield e, l'anno successivo, anche la Coppa di Lega. Ritorna a vincere anche in Europa, nella seconda competizione continentale la UEFA Europa League. Lo United batte 2-0 l'Ajax e José Mourinho può aggiungere un nuovo trofeo alla sua bacheca. Siamo a quota 17 titoli su 25 finali disputate. A fine 2018 qualcosa nello spogliatoio dei Red Devils si rompe, i giocatori sembrano quasi remare contro il tecnico, e dopo un inizio talmente brutto da riportare alla mente quello del 1990-91, l'allenatore vine esonerato.

Si ritorna a Londra, questa volta al Tottenham

Il 20 novembre 2019 subentra a Mauricio Pochettino sulla panchina del Tottenham. La squadra in quel momento è 14° in Premier a -11 dal quarto posto. Nonostante qualche alto però, come la nomina di Allenatore del mese della Premier nel novembre 2020 e qualche scalpo importante in campionato, nel giro di due anni non porta a casa niente, insomma zero tituli.

Roma, odi et amo

Nel 2021 il nome di Mourinho è accostato a tantissime panchine, c'è addirittura chi parla di un ritorno all'Inter. Alla fine José sceglie sì l'Italia, ma non Milano, questa volta va nella capitale. L'accoglienza del pubblico della Roma per il portoghese è incredibile, una piazza come quella giallorossa esigente ma calorosa vuole un allenatore di polso che sappia riportare la squadra dove merita. In campionato la Magica oscilla sempre tra il 5° e l'8° posto quella stagione, chiudendo poi al sesto. Ma l'attenzione è tutta per la Conference League. Mou dà spettacolo, carica il pubblico nelle interviste, i tifosi giallorossi non han bisogno d'altro. La Roma si sbarazza del Bodo Glimt ai quarti, arriva il Leicester in semifinale. All'andata, in Inghilterra, finisce 1-1, al ritorno è una bolgia. Tammy Abraham la sblocca all'11', poi Mou parcheggia l'autobus davanti alla porta lasciando il pallino del gioco alla squadra di Rodgers che però non riesce a rompere il muro giallorosso. Finisce così, la Roma è in finale di una competizione europea, l'ultima volta era il 1990-1991. A Tirana , il 25 maggio, c'è il Feyenoord. Il piano partita è sempre quello, a maggior ragione dopo il gol di Zaniolo al 32'. Finisce 1-0, la Roma torna a vincere una coppa europea dopo oltre sessant'anni (Coppa delle Fiere 1960-1961). José Mourinho è il primo allenatore della storia a vincere tutte e tre le coppe europee, Champions, Europa League e Conference. La stagione successiva è tempo di un'altra finale e, questa volta, con un Dybala in più. La Roma accede all'ultimo atto dell'Europa League contro la squadra che ormai da anni domina la competizione, il Siviglia. L'epilogo però, dopo numerose proteste durante i tempi regolamentari per l'arbitraggio dell'inglese Taylor, è dei peggiori: ai rigori finisce 4-1 per gli spagnoli. Questa stagione, complici anche vari infortuni, il cammino della Magica in campionato è troppo incostante, la sconfitta contro il Milan a San Siro per 3-1 è decisiva: José Mourinho viene sollevato dall'incarico di allenatore.

Una carriera, fin qui, fatta di alti e bassi. 26 trofei, ma anche qualche esonero di troppo. Tutto però con una costante: sempre e solo come vuole lui, senza piegarsi a nulla, andando anche contro le società quando ne sentiva la necessità. D'altronde, nonostante qualche flop, non si diventa Special per puro caso.

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