Napoli, equilibrio cercasi: l'attacco cresce, ma la difesa peggiora
Dopo le prime 29 giornate di campionato emerge una netta spaccatura in seno agli azzurri, un fortino anemico nella prima parte del torneo prima di migliorare davanti e aprire voragini pericolose dietro

Scott McTominay e Romelu Lukaku (Ansa)
Napoli, 28 marzo 2025 - La sosta del campionato per lasciare spazio alle Nazionali notoriamente ben funge da esempio della teoria sulla relatività della percezione del tempo: brevissima per le squadre reduci da un periodo d'oro e lunghissima invece per quelle che hanno parecchie ferite da leccarsi. In questa categoria rientra a tutti gli effetti il Napoli, che nel turno antecedente la pausa non andando oltre lo 0-0 contro il Venezia non solo ha dilapidato la chance di tornare in vetta alla classifica, ma ha poi pure incassato l'allungo dell'Inter, ora a +3. Il contraccolpo a livello psicologico per gli azzurri è stato pesante, ma appunto la sosta è servita a ricaricare le pile dal punto di vista fisico ma anche da quello mentale e proprio dalle Nazionali sono arrivate ottime notizie in particolare per quanto riguarda l'attacco, il reparto che negli ultimi 14 turni ha trascinato la squadra di Antonio Conte a fronte di un progressivo impoverimento della solidità difensiva.
Il calo della difesa
Partendo da quest'ultimo dato, nelle prime 15 giornate di campionato la media dei gol subiti a partita da parte del Napoli era di 0,66, salita poi a 0,93 nella restante fetta di torneo finora andata in archivio. I partenopei hanno in pratica incassato quasi un gol a partita, dettaglio ben fotografato anche dal capitolo 'clean sheet': quello trovato al Penzo, seppur amarissimo se si pensa che è arrivato in una gara da vincere per forza per evitare l'allungo dell'Inter, è arrivato dopo un'attesa di ben 8 gare con la porta di Alex Meret sempre violata. Dunque, analizzando il solo girone di ritorno, quello del quale la flessione da temuta è diventata realtà a dispetto della mancanza di qualsiasi impegno infrasettimanale, gli azzurri hanno chiuso con uno zero spaccato alla voce delle reti incassate soltanto in 2 occasioni su 10 match: nello stesso lasso temporale dell'andata il computo recitava invece addirittura 7 su 10. Numeri e raffronti importanti che sembrano dare ragione a quella regola non scritta nel calcio che, soprattutto nel lungo periodo, assegna alla difesa e alla sua solidità i principali meriti di quanto poi dice e dirà la classifica. Non a caso, la leadership del Napoli in graduatoria, lunga ben 18 turni di fila, ha affondato le sue radici proprio in quel girone di andata da record per quanto riguarda una retroguardia che aveva trovato in Alessandro Buongiorno il proprio miglior baluardo: ironia del destino, o forse semplicemente un beffardo caso, proprio il rientro dell'ex Torino dopo un infortunio lungo 2 mesi è coinciso con l'inizio della flessione della difesa, a sua volta schierata a tre proprio per sopperire a diverse altre assenze in seno alla rosa. Eppure, nonostante questo calo, il Napoli ad oggi ha ancora il miglior reparto arretrato della Serie A con appena 23 reti subite: praticamente una delle buone notizie dalle quali far riavviare il sogno scudetto dopo il brusco risveglio della scorsa giornata di campionato.
La crescita dell'attacco
L'altra riguarda l'attacco, cresciuto e migliorato nella seconda parte del torneo nonostante, ad oggi, sia solo il sesto in Serie A con 45 gol segnati (18 in meno dell'Atalanta e ben 20 in meno dell'Inter). Proprio questi confronti impietosi contribuiscono a scattare una fotografia del reparto avanzato azzurro peggiore di quanto realmente dica il campo, in particolare nell'ultimo tratto di torneo. Basti pensare che nelle prime 15 giornate, il Napoli ha raccolto 32 punti, frutto di 10 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte: a referto 21 gol, per una media di 1,4 di media a partita, con appena 10 subiti (0,66 di media), di cui 6 nei due tris incassati per mano di Verona e Atalanta, per un totale di clean sheet di ben 9. Si gira pagina e si passa alle restanti 14 giornate già andate in archivio, affidando la parola ai numeri: 29 punti, figli di 8 vittorie, 5 pareggi e 1 sconfitta, con 24 gol realizzati (per una media di 1,7 a gara) e 13 subiti (0,93 di mediaa partita), a fronte di appena 4 clean sheet. Dunque, oggettivamente l'attacco è cresciuto di pari passo con il contemporaneo declino della difesa ed è un paradosso se si pensa che a gennaio ha salutato Khvicha Kvaratskhelia, la stella dello scudetto che ancora oggi, curiosamente, è sul podio dei marcatori della rosa. Per una squadra abituata negli anni recenti a costruire le proprie principali fortune sulla prolificità dell'attacco, avere a questo punto del torneo un solo giocatore in doppia cifra (Romelu Lukaku, a quota 10 gol) e sapere che intanto un certo Victor Osimhen in Turchia (dunque in una lega forse non competitiva come quella italiana) ha segnato più di tutti gli elementi offensivi della rosa azzurra rappresenta un bello smacco. Qui però si torna al vecchio assioma del calcio, secondo il quale i campionati li vincono le difese. In realtà, specialmente nel caso del Napoli, l'ideale sarebbe trovare il giusto equilibrio tra il fortino del girone di andata, figlio del 4-3-3 e, a dispetto delle aspettative dettate dalla teoria, la squadra più prolifica dell'ultima parte di campionato disegnata con il 3-5-2, dando la precedenza al primo ambito. L'operazione di caccia al perfetto incastro per ritrovare lo smalto dei giorni d'oro spetta a Conte, che nella sosta si è a lungo interrogato sul modulo da schierare innanzitutto domenica sera contro il Milan, imbattuto a Fuorigrotta da ben 6 partite. Il verdetto sull'esito della scelta lo si scoprirà poco prima della sfida, ma l'impressione è che l'equilibrio che il Napoli deve (ri)trovare vada al di là del semplice schema tattico con cui sarà schierato da qui al termine di una stagione spaccata in due parti, nonostante la classifica sorrida ancora e dica solo -3 dalla vetta occupata oggi dall'Inter.
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