Napoli, problemi per Luis Enrique. La conferma di De Laurentiis: "Preferisce la Premier"
Il presidente prende atto delle difficoltà ma non molla: "Proverò a convincerlo, altrimenti continuerò a cercare un allenatore adatto al 4-3-3"
Napoli, 30 maggio 2023 - Dopo le dichiarazioni di Aurelio De Laurentiis è arrivata la conferma di Luciano Spalletti: la sua avventura al Napoli terminerà ufficialmente alla fine di questa stagione. Da ben prima è però già partito il casting per trovare un erede degno dell'allenatore che ha riportato lo scudetto nel capoluogo campano dopo 33 anni: il preferito è Luis Enrique, per il quale però non mancano i problemi.
Luis Enrique verso la Premier League?
Ad affermarlo è stato ancora una volta un De Laurentiis senza freni e, mai come ora, onnipresente. Intercettato dai microfoni della Rai, il patron non ha lasciato spazio a molti dubbi e interpretazioni: né sui suoi gusti né su quelli del tecnico spagnolo. "Luis Enrique vuole andare in Premier League, un campionato molto più attraente del nostro. Potrei provare a convincerlo tirando in ballo le nostre bellezze, ma più di così non posso". Insomma, se non è una resa poco ci manca. In realtà le parole del presidente potrebbero essere lette anche nel verso opposto: l'ultimo tentativo per mettere spalle al muro Luis Enrique, stanando le sue intenzioni e quelle del Napoli. Fatto sta che il casting di ADL sta andando avanti, come confermato sempre dal diretto interessato. "Stiamo valutando diversi allenatori, circa una decina di profili, in base al modulo 4-3-3: sceglierò il migliore per proseguire il ciclo". Insomma, Luis Enrique o meno, profilo internazionale o meno, il Napoli e De Laurentiis non hanno voglia di interrompere sul più bello il progetto che ha portato al meritato scudetto vinto quest'anno. Difficile stabilre se la decina di allenatori passata al vaglio del patron sia un'iperbole o meno: di certo in questo elenco si stagliano le sagome di Vincenzo Italiano e Thiago Motta, con quest'ultimo che sembra però in procinto di restare al Bologna, a prescindere dal rinnovo. Il destino del tecnico della Fiorentina è più complesso e non solo perché di mezzo c'è una Conference League che potrebbe cambiare le carte in tavola: in caso di vittoria il tecnico viola potrebbe decidere di salutare all'apice della sua gestione. Praticamente quanto successo a Spalletti, a testimonianza di due allenatori simili non solo per la 'pettinatura'. L'altra criticità riguarda il contratto: la leggenda metropolitana parla della presenza di una clausola rescissoria da 10 milioni, ma la realtà è ben diversa e quindi qualsiasi decisione dovrà passare dal veto o meno della Fiorentina.
Uomini forti, destini forti?
Di certo la ricerca di De Laurentiis non si limita solo a due profili tutto sommato emergenti e forse non molto allettanti per una piazza che quest'anno ha toccato il cielo con un dito. A tal riguardo, come succede sempre in questi casi, va sciolto un dubbio preliminare: in questo momento la panchina del Napoli è una di quelle più roventi e non solo per la ben nota passionalità della piazza. Praticamente l'opposto di quanto successo quando si è insediato proprio Spalletti, che raccolse una squadra depressa nel contesto di una tifoseria dall'umore ancora più cupo. Stavolta chiunque raccoglierà il testimone del tecnico toscano dovrà farlo con la consapevolezza di essere chiamato a gestire la pressione, il peso delle aspettative e quello ancora più gravoso dei paragoni. Era toccato anche ai successori di Maurizio Sarri, uno che comunque in fin dei conti a Napoli non aveva vinto alcunché: figurarsi con l'eroe dello scudetto dei record. Uomini forti, destini forti: mai come ora il motto di Spalletti sa di profezia, anche se non mancano le voci discordanti sulla scelta (realmente voluta o imposta da De Laurentiis a suggellare un divorzio meno sereno di quanto sembri?) di fermarsi per un anno dopo l'apoteosi. Per molti questa presa di posizione stride con il coraggio necessario per cercare di ripetersi, senza lasciare il trionfo di questa stagione in pasto a chi parla di un'annata particolare e anomala sotto diversi aspetti. Sempre dando per scontato, appunto, che quella di Spalletti di concedersi un anno sabbatico sia stata una scelta totalmente libera. Ognuno, all'ombra del Vesuvio e non solo, maturerà la sua opinione al riguardo: a maggior ragione quando in un futuro non vicinissimo (per ovvi motivi contrattuali) i due protagonisti sganceranno qualche retroscena su quanto si sta consumando oggi. Se la priorità di Spalletti ora è riposare e godersi l'abbraccio della propria famiglia, quella di De Laurentiis è trovare un allenatore capace di prendere in corsa una macchina che sfreccia a velocità massima senza che la suddetta macchina sia costretta a rallentare: una sfida ai limiti dell'impossibile, come in effetti lo sono tutte quelle che riguardano il vulcanico presidente del Napoli, l'unica costante in un club che, rispetto ai fasti di un passato ormai ultra trentennale, ha imparato a scorporarsi dai singoli protagonisti. Passano allenatori, giocatori e dirigenti ma la costante, il tanto abusato concetto di progetto tecnico, resta pienamente valido e funzionante: questo è forse il merito maggiore della gestione ADL, nonché il punto tramite il quale il patron ha conquistato anche gli ultimi contestatori. Appena un'estate fa, nel ritiro di Dimaro, si consumò il braccio di ferro più delicato tra De Laurentiis e la parte più calda della piazza, quella che curiosamente chiedeva anche la testa di Spalletti: naturalmente ha deciso il patron e i fatti gli hanno dato pienamente ragione. Ora nelle mani del presidente c'è un credito importante ma non illimitato: le vicende di casa Milan insegnano quanto sia labile il confine tra l'apice e la caduta a picco. Lo sa bene proprio il diretto interessato, che nella sua ormai lunga epopea azzurra ha sbagliato poche mosse: tra esse la scelta di un allenatore (Carlo Ancelotti) arrivato all'epoca in pompa magna e rivelatosi poi presto incompatibile con un piazza diversa dalle altre. A De Laurentiis è andata decisamente meglio con tecnici sulla carta meno blasonati: uno scenario che potrebbe riproporsi ora, con la differenza che stavolta, con un tricolore cucito sul petto, c'è meno spazio per le scommesse.
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