Il PalaPanini saluta il suo capitano. Tutti in piedi per Bruno il campione. Sono tredici anni indimenticabili

L'articolo narra dell'addio emozionante di Bruno Rezende, giocatore iconico di Modena Volley, al PalaPanini. Con una carriera di tredici anni, lascia un'eredità di leadership e insegnamento, oltre a cinque trofei conquistati. La sua presenza è stata fondamentale per il successo della squadra, che ora si prepara a un futuro senza di lui.

di ALESSANDRO TREBBI -
18 aprile 2024
Tutti in piedi per Bruno il campione. Sono  tredici anni indimenticabili

Tutti in piedi per Bruno il campione. Sono tredici anni indimenticabili

Addii, applausi nel buio, cenni, tosse, saracinesche abbassate. Si potrebbe utilizzare il Montale più vero, quello de ‘Le occasioni’, per salutare uno dei giocatori più iconici e amati che abbiano mai indossato la maglia di Modena, quel Bruno Rezende che ieri ha recitato la sua ultima poesia al PalaPanini, vincendo il ballo d’addio con la sua "fedele cadenza di carioca". L’ultima a Modena, non ancora l’ultima con Modena, dato che il trentottenne brasiliano si è regalato un successo che porta alle semifinali per la Challenge Cup, fuori casa, lunedì. Nemmeno la finale, eventualmente, sarà tra le mura amiche. ’Nostro capitano per sempre’. La sintesi è perfetta nello striscione degli Irriducibili Gialloblù che accoglie Bruno all’ingresso in campo, a sigillare un legame che ieri si è interrotto sul campo geminiano ma che durerà oltre il ritiro, oltre le società, oltre il tempo. Un boato accoglie il primo punto del match del brasiliano, 12-13 del terzo set con un attacco di prima intenzione. Il secondo e il terzo, due ace per il 21-22 che riapre vanamente il set, scatenano i cori della curva e dei compagni di squadra.

La vera festa però si consuma appena caduto l’ultimo pallone di Rinaldi, con la squadra e la società in campo con una maglia celebrativa, l’abbraccio alla madre, Vera Mossa, accorsa apposta dal Brasile e poi spazio alle lacrime, tante e a più riprese per un momento atteso a cui non si è mai pronti. "Vivo la pallavolo con la stessa passione con cui la vivete voi qui: sono convinto che sia per questo che i nostri destini si siano incrociati. Ho sempre giocato per voi". Questo il breve discorso di Bruno dopo il video che ne celebrava i successi, prima di ricevere una targa da Stefano Bonaccini, la ‘Bonissima’ da Giancarlo Muzzarelli e Grazia Baracchi e chiudere con un giro di campo.

Una serata a cui hanno presenziato tanti dei volti che con Bruno hanno diviso un pezzo di percorso: Antoine, Giuliano Grani (ospite stasera alle 23 di Barba e Capelli su Trc), e anche Catia Pedrini che si è soffermata a lungo nel corso del terzo set a chiacchierare seduta a fianco di Giulia Gabana, potere taumaturgico dell’asso brasiliano, a riunire le ultime due presidenti di Modena Volley che ultimamente erano molto distanti.

Cosa lascia Bruno a Modena, dopo tredici anni di militanza non continuativa? La prima eredità non ha nulla a che vedere con la bacheca dei trofei o con un lascito tecnico. Bruno lascia un esempio morale di campo: una predisposizione alla lotta e all’insegnamento che, connesse, non hanno uguali nella storia del suo sport. Bruno è stato ed è tuttora, allo stesso tempo, un condottiero e un maestro, colui che ha in mano il gesso per spiegare cosa fare e la lancia per guidare l’arrembaggio. Sarebbe importante che Modena se ne ricordasse, il prossimo anno, quando non ci sarà un altro Bruno a farle da scudo nelle sconfitte, a prenderla per mano se le cose andranno male, a metterci la faccia per sé ma soprattutto per i compagni, a farla festeggiare con la giusta misura. E poi sì, ci sono le coppe aggiunte in bacheca: cinque con la guida di Bruno capitano, tutto sommato poche se si considerano le squadre e i campioni che sono girati attorno al brasiliano. Uno scudetto, due Coppa Italia, una Supercoppa Italiana, una Coppa Cev. Poche, sì, ma quando Bruno è arrivato per la prima volta nel 2011 Modena non vinceva qualcosa da tre anni, uno scudetto addirittura da nove. Quando è tornato nel 2014 ovviamente il digiuno si era allungato, lo scudetto 2016 ha colmato un vuoto di ben quattordici anni. Modena, abbracciando commossa il suo condottiero, si augura di non dover aspettare ancora così tanto.

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