Calcio, è allarme infortuni. In Europa boom di lesioni al crociato: “Ecco perché i giocatori si fanno male”

Da Bremer a Zapata, fino a Rodri e Carvajal: dopo due mesi scarsi di stagione, sono già tanti i giocatori fermi ai box per gravi problemi ai legamenti delle ginocchia. Alberto Momoli, presidente della Siot: “Troppe partite? Una falsa pista”

8 ottobre 2024
Bremer, difensore brasiliano della Juve, si è infortunato gravemente

Bremer, difensore brasiliano della Juve, si è infortunato gravemente

Roma, 8 ottobre 2024 – La stagione è iniziata da appena due mesi, ma in tutta Europa sono già tanti i giocatori costretti ai box per gravi infortuni. In particolare alle ginocchia. Da Zapata del Torino allo juventino Bremer, da Rodri (Manchester City) a Carvajal (Real Madrid). Passando anche per Ter Stegen, il portiere del Barcellona. Senza dimenticare Florenzi del Milan e Scamacca dell'Atalanta, che si sono infortunati nel precampionato. Saltano i legamenti del crociato, associati anche a lesioni del menisco, e molti osservatori – oltre agli stessi calciatori – lamentano che così gli atleti pagano il prezzo di un calendario di partite troppo fitto.

Ma cosa ne pensano i medici? A fare il punto della situazione è Alberto Momoli, chirurgo e presidente della Siot, la Società italiana Ortopedia e Traumatologia: "Le troppe partire sono una falsa pista, è vero che statisticamente più match si disputano e più ci sono i rischi di farsi male, ma ci sono altri fattori – le parole del dottore all’Adnkronos Salute –. Il calcio è cambiato e oggi si arrivati a un mix di velocità e potenza che sollecita in modo intenso le articolazioni, soprattutto il ginocchio".

Ogni anno in Italia si registrano più di 80mila ricoveri per le lesioni del legamento crociato del ginocchio, due terzi dei quali in pazienti di sesso maschile (Dati Siot 2018). "Negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento degli interventi di chirurgia del crociato nella popolazione che gioca a calcio – continua Momoli –. Spesso però sono persone che giocano senza un allenamento continuo. Per i calciatori professionisti il discorso è molto diverso. La lesione del crociato ha più cause e non solo le tante partite tra campionato, coppe e nazionali”.

Nel dettaglio, spiega Momoli, “se nel gesto del tiro la struttura più sollecitata è la caviglia, nelle cadute dopo un colpo di testa, ad esempio, è il ginocchio a essere molto sollecitato. La stessa cosa accade quando si corre e si devia dall'asse, in questo caso gli elementi stabilizzatori (il crociato, il menisco e il collaterale) sono molto sollecitati e le masse muscolari molto sviluppate che hanno oggi i calciatori producono una tensione elevata. Se uno corre, frena e cerca di girarsi, ecco che può accadere che il crociato sottoposto a questo eccesso di tensione si rompa".

Dopo l'infortunio quanto ci vuole per il recupero? "Tecnicamente dopo la lesione di un crociato, un atleta non torna in campo prima di 6-7 mesi – conclude il presidente della Siot –. Un professionista di alto livello fa i suoi conti su questo indipendentemente dal chirurgo. C'è un tempo biologico dovuto al trapianto del tendine che ha necessità di 6-7 mesi per stabilizzarsi. E poi c'è la riabilitazione che va fatta bene".

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