Napoli, la cura Calzona funziona a metà: Osimhen si sblocca, Kvaratskhelia no

Il terzo tecnico stagionale degli azzurri debutta con un buon pareggio contro il Barcellona: merito del nigeriano, mentre il georgiano è sempre un fantasma in campo e una furia dopo la sostituzione

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO -
22 febbraio 2024
Napoli-Barcellona, Calzona in panchina (Ansa)

Napoli-Barcellona, Calzona in panchina (Ansa)

Napoli, 22 febbraio 2024 – Buona la prima: la cornice è sempre quella del Maradona è il risultato è ancora un pareggio, per giunta per 1-1 e contro una squadra rossoblù, ma stavolta il peso specifico dello score è ben diverso. Se il Genoa era stato fatale per Walter Mazzarri, il Barcellona apre bene la gestione di Francesco Calzona, il terzo allenatore del Napoli campione d'Italia in carica che da qui a fine stagione avrà proprio nella Champions League il fulcro del suo operato.

Il graffio di Osimhen

Da un lato gli azzurri dovranno provare a risalire la china in campionato per centrare una posizione buona per qualificarsi alla competizione continentale più prestigiosa e dall'altro dovranno onorare quella in corso, cercando di bissare (se non addirittura migliorare) il cammino di un anno fa. Per il momento, i primi feedback sono rincuoranti, con l'1-1 confezionato contro il Barcellona che lascia aperti ampi spiragli per la gara di ritorno: a maggior ragione ora che la regola dei gol in trasferta non esiste più. Eppure, nella serata del Maradona non tutto è filato liscio. A parlare sono i 75' di sofferenza estrema, che solo per l'imprecisione degli avanti del Barcellona e per le belle parate di Alex Meret avevano fruttato un solo gol di passivo: quello di Robert Lewandowski, che va a buca sul primo palo, aprendo l'ennesimo dibattito sul portiere azzurro, il cui giudizio alla fine risulta curiosamente sempre spaccato in due tra chi ne esalta gli interventi mai banali e chi ne evidenzia le incertezze (o presunte tali) quando apparentemente la minaccia sembra meno pericolosa. Un numero 9 chiama, sbloccandosi in Champions League dopo un lungo digiuno e l'altro numero 9, a sua volta reduce da un periodo di assenza forzata dalla sua squadra, risponde con un guizzo dei suoi: Victor Osimhen torna e fa quello che l'ha consacrato al meglio nel capoluogo campano (e non solo), ricordando a tutti, anche ai suoi grandi critici, l'importanza ricoperta nel progetto. E dire che fino a quel momento la partita del nigeriano, così come quella di tutti i suoi compagni, era stata complicatissima. Ai bomber però, si sa, basta una fiammata per decidere una gara e così succede senza neanche ricorrere a metafore o iperbole: il Napoli segna in occasione dell'unico tiro in porta e si regala così una notte di ritrovati entusiasmo e speranze. E poi ci sono gli interessi singoli dello stesso Osimhen, che non ha mai nascosto le sue ambizioni: nelle gare casalinghe di Champions League il nigeriano ha un rendimento inferiore soltanto a quelli di Erling Haaland e Kylian Mbappé, con quest'ultimo al passo di addio dal Paris Saint-Germain e, secondo radio mercato, in procinto di essere rimpiazzato proprio dal bomber azzurro. Discorsi prematuri: prima il Napoli dovrà portare a termine questa tribolata stagione che, finora, lo ha dipinto come la peggiore squadra campione d'Italia dell'era moderna.

Subito scintille Calzona-Kvara

Passando quindi al campionato, curiosamente gli azzurri nel prossimo turno dovranno sfidare un'altra squadra rossoblù, il Cagliari e l'impressione è che per coltivare le ambizioni di rimonta un altro pareggio, il risultato più gettonato del momento, non basti. Il Napoli deve accelerare e possibilmente trovare continuità anche quando l'effetto Calzona (e in generale del cambio in panchina) si sarà affievolito: pena il rischio di bissare quanto già avvenuto sotto la gestione Mazzarri, a sua volta cominciata con un botto, quello di Bergamo. Per rinascere i partenopei devono affidarsi ai big della rosa, con Osimhen che ha risposto presente nella prima e unica occasione capitata in un match che i suoi hanno avuto comunque il merito di provare a vincere anche dopo aver raccolto un pareggio che pareva insperato fino a pochi minuti prima. Dal fronte di Khvicha Kvaratskhelia tutto tace: con tanto di sostituzione punitiva all'alba della ripresa e di reazione non proprio felice e composta del georgiano. Qui si torna al recente (e tribolato) passato: il numero 77 aveva vissuto (dalla sua prospettiva) dei cambi dal sapore quasi di lesa maestà già quando in panchina era accomodato Rudi Garcia, il tecnico prima bollato come male assoluto da tutti (in primis da Aurelio De Laurentiis) e poi tacitamente riabilitato allorché i problemi in seno al Napoli si sarebbero rivelati più gravi e profondi. Poi a Fuorigrotta tornò Mazzarri, il traghettatore-aziendalista che mai avrebbe fatto una mossa che potesse scontentare il patron o i senatori della rosa: la strategia nel breve termine ha pagato, mentre a lungo termine i cocci nascosti sotto al tappeto sarebbero comunque riemersi. Infine (si spera) tocca a Calzona, sulla carta un allenatore ancora più ad interim del suo predecessore, che decide di non snaturare né il suo credo tattico né le sue idee: troppo importante il bene collettivo per anteporre gli umori dei singoli. Anche a costo di scontentare Kvaratskhelia, dalla cui uscita cambia volto (in positivo) l'intero attacco azzurro: se si sia trattata di una semplice coincidenza, magari alimentata dal contemporaneo calo del Barcellona, reo di abbassare colpevolmente il ritmo dopo aver sbloccato la contesa, è difficile dirlo. Tocca proprio al georgiano provare a rispondere subito sul campo, cercando di tornare quel furetto imprendibile che seminava il panico nella prima metà della scorsa stagione. Non solo i fatti di campo, a sua volta, si sa, strettamente collegati alle vicende di mercato: in ballo per la rivelazione dello scorso torneo c'è anche un rinnovo a cifre interessanti che rischia di rimanere congelato qualora il rendimento restasse al di sotto delle aspettative. Insomma, buona la prima per Calzona ma non per Kvara, che come di consueto quando esce dal campo prima del tempo borbotta e mugugna: scene già viste a Fuorigrotta e curiosamente sempre sulla fascia mancina, quando era di proprietà di Lorenzo Insigne. L'ex capitano veniva punito dai fischi dei suoi conterranei, mentre all'esotico Kvaratskhelia tutto viene perdonato. Certo, di mezzo, ad alterare qualsiasi valutazione, c'è uno scudetto, ma la lezione che di passato non si vive a Napoli l'hanno imparata bene.

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