Napoli, i casi Kvara e Osimhen accendono l'allarme sulla gestione dei contratti
Il malcontento dei big sta complicando il mercato dei partenopei: pesano, rispettivamente, un rinnovo mai arrivato e uno che invece ha partorito un ingaggio monstre e una clausola rescissoria che fa da repellente
Napoli, 18 giugno 2024 – 'era una volta la macchina perfetta dei contratti del Napoli, un sistema elaborato ma diventato di fatto un modello per tutti gli altri club per tutelare al massimo i propri tesserati dagli attacchi esterni e, nel caso, per ricavare il più possibile dalle cessioni. Gli strumenti prediletti erano (e sono) principalmente due: scadenze lunghe e clausole rescissorie dal valore monstre. Curiosamente, oggi proprio questi due stratagemmi solo all'apparenza ovvi rischiano di complicare non poco l'inizio del nuovo ciclo, quello targato Antonio Conte (che sarà presentato ufficialmente mercoledì 26 giugno) e, ancor prima, il mercato in corso.
Il caso Kvaratskhelia
Il comunicato scritto in fretta e furia dal club partenopeo, evidentemente più di pancia che di testa, nonostante l'enfasi e l'abbondanza di punti esclamativi non basta di per sé a far calare definitivamente il sipario sul ginepraio scoppiato intorno a Khvicha Kvaratskhelia 'grazie' al suo agente Mamuka Jugeli e al supporto quasi contemporaneo di papà Badri. Le argomentazioni esposte in uno stile rivedibile ma in maniera chiara dal Napoli sono le solite: contratto lungo (fino al 30 giugno 2027) e arbitrio della questione totalmente nelle mani della società, che non accetta compromessi o, ancor peggio, intromissioni. Argomentazioni che però, da sole, non bastano per placare il 'mal di pancia' del numero 77 e del suo entourage, come testimoniato dal viaggio in programma in Germania dei piani altissimi del club partenopeo per provare a ricucire uno strappo che affonda le proprie origini nell'immediato post scudetto e nell'unica falla, seppur bella grossa, presente nel contratto dell'esterno, cioè uno stipendio (1,5 milioni) rimasto inalterato a partire dalla firma iniziale, quella che vide l'approdo nel capoluogo campano di un allora sconosciuto giocatore dal nome impronunciabile. Peccato per Aurelio De Laurentiis che da allora quel giocatore dal nome impronunciabile, soprattutto nella sua prima stagione in azzurro, si sia imposto rapidamente sul mercato internazionale come uno degli interpreti più brillanti del suo ruolo a suon di gol, assist e giocate da urlo. Un patrimonio tecnico che però non ha scalfito la posizione del patron, abituato a non rinegoziare i contratti lunghi in barba a qualsiasi accadimento. Insomma, detto in soldoni, neanche uno scudetto vinto da grande protagonista ha fruttato a Kvaratskhelia il tanto atteso (e meritato) adeguamento dell'ingaggio, che curiosamente tuttora resta uno dei più bassi in seno alla rosa del Napoli. Da qui l'inizio della fine dell'idillio tra le parti a suon di dichiarazioni al vetriolo dell'entourage, mitigate in parte dalle sviolinate del giocatore, a sua volta apparso spesso nervoso e non più letale come un tempo sul rettangolo verde. Probabilmente le due cose non sono collegate, trattandosi di una semplice coincidenza magari dettata dai tanti fastidi fisici che nell'ultima stagione hanno frenato Kvara, ma fatto sta che oggi, a fronte delle sirene del Paris Saint-Germain, le contromisure varate da De Laurentiis sembrano infruttuose. Così come, riavvolgendo il nastro agli anni scorsi, lo erano stati i tanti muro contro muro eretti contro diversi senatori della rosa che poi avrebbero lasciato il club partenopeo da parametro zero: l'ultimo dell'elenco, giusto per restare alla strettissima attualità, risponde al nome di Piotr Zielinski.
Il caso Osimhen
Poi c'è chi il suo rinnovo premio (e non solo) dopo lo scudetto, seppur non esattamente subito, lo ha ricevuto, eccome. E' il caso di Victor Osimhen, che ha visto il contratto prolungarsi fino al 30 giugno 2026 dietro pagamento di uno stipendio da 10 milioni netti e previo inserimento di una clausola rescissoria dal valore oscillante tra 120 e 130 milioni. Quello che all'epoca, in pieno inverno, sembrava il compromesso migliore per le esigenze di tutte le parti in causa oggi rischia di diventare una trappola appunto per tutte le parti in causa. Già, ma quali erano i piani originari che avevano fatto da preludio alla tanto sospirata firma? Il Napoli, oltre a prolungare un contratto arrivato abbastanza vicino alla scadenza iniziale (30 giugno 2025) e quindi di fatto molto attaccabile nell'estate seguente, confidava di affidarsi all'exit strategy preferita da De Laurentiis, appunto la clausola rescissoria: quella che in un colpo solo permette lauti incassi, e di norma neanche dilazionati, senza spazientire la tifoseria, già abituata mesi prima all'idea di perdere il giocatore in questione. Poi c'è il fronte di Osimhen, che sempre tramite la suddetta clausola rescissoria, nel suo immaginario sì costosa ma ottimisticamente consona al proprio valore sul mercato, sognava di approdare nei lidi più ambiti: per la precisione la Premier League, ogni estate l'idrovora dei migliori attaccanti al mondo. Invece intorno al nigeriano cala un silenzio quasi assordante, se si eccettua qualche sondaggio più o meno interessato (e interessante) comunque non tale da fare da preludio alla tanto agognata cessione. Di conseguenza, stanti così le cose, rischia di crollare tutto il castello ordino dal solito meticoloso De Laurentiis: vendere Osimhen per dare liquidità alle casse del suo club nell'anno privo della Champions League e di qualsiasi altra competizione europea e per liberarsi di un ingaggio insostenibile, per poi sfruttare le somme risparmiate per dare il via al valzer dei rinnovi, atto principalmente a spegnere i focolai accesi intorno a Kvaratskhelia. Insomma, neanche un presidente che tempo fa, nell'ennesimo lampo di 'modestia', si è autodefinito visionario ha potuto prevedere appieno lo scenario che avrebbe partorito il calciomercato, uno degli ambiti notoriamente più difficili da prefigurare e sempre in continua evoluzione. Cambiano i tempi e magari, nel prossimo futuro, potrebbero cambiare anche le strategie del Napoli sul fronte rinnovi, tra scadenze magari meno lunghe e soprattutto clausole rescissorie meno extralarge. Il tutto, dalla prospettiva di ADL, senza però cadere nell'eccesso opposto, diventando quindi preda dei periodici ricatti più o meno diretti dei procuratori, pronti a battere cassa pena l'addio a zero dei propri assistiti. Insomma, una coperta corta che assilla tutti i club italiani (e non solo): anche il Napoli, che si riscopre nel calderone dei comuni mortali dopo anni all'insegna di un meccanismo perfetto.
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