Napoli, primi fischi del Maradona per Lukaku

Dopo l'iniziale idillio, fomentato dalla solita rete all'esordio, per il belga, diventato l'emblema del tonfo con l'Atalanta, arrivano i primi mugugni e i primi confronti con Osimhen

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
5 novembre 2024
Romelu Lukaku contro l'Atalanta (Ansa)

Romelu Lukaku contro l'Atalanta (Ansa)

Napoli, 5 novembre 2024 - Beccarsi più di qualche fischio nonostante appena pochi giorni prima la mai banale presa del Meazza fosse partita proprio da una sua giocata tipica: lotta corpo a corpo con il difensore di turno, sfondamento e colpo di potenza a battere il portiere. Il protagonista è Romelu Lukaku, forse il più grande sconfitto del secondo ko in campionato (il primo al Maradona) del Napoli, quello inflitto da un'Atalanta che ora davvero sogna in grande: per il belga, letteralmente annullato nella sfida con il dirimpettaio Isak Hien, una sostituzione accompagnata dai primi segnali di dissenso della sua nuova tifoseria, che in realtà non fanno che confermare un trend che accompagna il diretto interessato praticamente dagli albori della carriera.

I primi fischi a Lukaku

Quasi come un copione si ripropone, nel e nel male, con una costanza certosina, verrebbe da dire che il pacchetto Lukaku è questo: potenzialmente devastante nelle giornate di grazia sua e magari non all'altezza della situazione degli avversari, e quasi deleterio quando il vento invece è opposto. Certo, poi il termometro di tutto nel calcio, come sempre, sono i risultati. Il numero 11 azzurro paradossalmente, per ammissione del suo stesso mentore Antonio Conte, aveva fatto anche peggio contro l'Empoli, che all'epoca proponeva una delle migliori retroguardie del campionato come reparto ma nei singoli, con tutto il rispetto del caso, non poteva e non può certo disporre di individualità al top. Quel pomeriggio però il Napoli sfangò il solito fosso chiamato Castellani grazie a un bel pizzico di fortuna, prima nel primo tempo, sbarrando la propria porta più che altro per demeriti degli avversari e meriti del proprio portiere, l'ex di turno Elia Caprile, e poi nella ripresa, trovando l'episodio buono (e contestato): il rigore guadagnato da Matteo Politano e trasformato da Khvicha Kvaratskhelia, uno al quale invece la piazza partenopea perdona tutto. Già, perché dal naufragio contro l'Atalanta non si è salvato nessuno: men che meno il georgiano, uscito sconfitto dal confronto a distanza con il quasi omologo Charles De Ketelaere (per qualità tecniche e approdo quasi contemporaneo in Serie A), ma clamorosamente salvato dalla delusione del Maradona, come in effetti già successo varie volte nella disastrata scorsa stagione. Certo, il numero 77 ha guadagnato moltissimo credito con lo scudetto, ma lo stesso trattamento di favore, sempre nella passata annata nera, non era stato riservato ad altri eroi del tricolore: per informazioni citofonare a capitan Giovanni Di Lorenzo, che non a caso in estate è stato a più di un passo dall'addio. A proposito di estate: poi c'è Lukaku, sbarcato nel capoluogo campano dopo un lungo tira e molla tra Chelsea e Napoli e con le solite credenziali di una carriera, tra entusiasmo mediatico e timori per la resa qualità-prezzo, dato a sua volta influenzato da una condizione fisica non sempre ottimale. E, in effetti, almeno all'inizio il belga, specialista dei debutti e delle partenze boom, non delude le aspettative. Poi, archiviati gli ormai consueti gol all'esordio, arriva una fase più o meno leggera di flessione personale, esacerbata dall'eventuale contemporaneo rendimento analogo della squadra, e per Lukaku, parlando della stretta attualità, arrivano i primi fischi e i primi impietosi confronti nostalgici con i suoi predecessori nonostante un bottino finora di 4 reti e 5 assist in 10 presenze. Il tutto va poi contestalizzato nella cornice di un Napoli che, in quanto a XG (gli Expected Goals), veleggia addirittura solo al settimo posto, con un dato di 17.14.

Il confronto con Osimhen

Tradotto in soldoni: gli azzurri finora hanno brillato in cinismo, capitalizzando quasi sempre al meglio le non numerose occasioni confezionate. Un ulteriore dato di merito, in teoria, per gli attaccanti e per lo stesso Lukaku, che invece alla prima stecca interna della sua squadra diventa il parafulmine del dissenso. Solito copione per un giocatore ingombrante e vistoso sia nella buona sia nella cattiva sorte. Eppure, più dei 4 gol, forse non molti soprattutto in relazione al fatturato delle altre prime punte delle squadre di vertice del campionato, a colpire sono i 5 assist serviti, un dato invece non proprio consueto per i bomber e per il loro proverbiale egoismo. In questo Lukaku è atipico e proprio questa sua dote, ben più della reale pericolosità offensiva, lo ha reso il cocco di Conte, che lo vuole con sé in ogni avventura: soprattutto in quelle più ambiziose come appunto quella partenopea partita quest'estate. Anche quando non segna, il belga lavora da pivot, aprendo varchi per i compagni, a loro volta lanciati da visioni di gioco spesso illuminanti. Eppure, esistono le giornate no e, nel caso di Lukaku, il pacchetto è completo. Mentre esistono attaccanti capaci di tirare fuori il guizzo buono anche nelle partite più complicate, strappando un voto alto in pagella in effetti immeritato e viziato solo dal bottino offensivo, ce ne sono altri che quando non segnano e non creano per gli altri diventano deleteri per la manovra e quasi sgradevoli alla vista. E' proprio il caso di Lukaku, capace di passare in pochissimo tempo da bomber devastante e assist-man forse ancora più letale a preda delle difese altrui e vittima del malcontento dei propri tifosi che, nel caso di quelli partenopei, hanno il palato buono per quanto riguarda gli attaccanti. E, manco a dirlo, all'ombra del Vesuvio c'è subito chi rimpiange Victor Osimhen, forse meno al servizio della squadra del belga ma decisamente più produttivo in zona gol e, forse, anche più famelico: almeno prima della frattura con la piazza e con la società. Paradossalmente, proprio l'estrema ambizione del nigeriano, messo in cassetto lo scudetto, lo aveva via via allontanato dal Napoli, che come da copione in questi casi si è tuffato a capofitto sul nuovo (appunto Lukaku) per girare subito pagina. I primi feedback sono stati ottimi, prima di una fase di stabilizzazione e poi di un'altra di calo che neanche la rete di San Siro ha potuto lenire. Lo stesso San Siro dove il Napoli tornerà a far tappa domenica sera, con Lukaku in visita nelle mai banali vesti da ex.

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