Napoli, i simboli della resa: il nervosismo di Osimhen e l'errore di Kvara

La sconfitta contro la Juventus pone fine al sogno scudetto degli azzurri, traditi tra gli altri dagli uomini più rappresentativi

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO -
9 dicembre 2023
Juventus-Napoli, l'errore di Kvaratskhelia (Ansa)

Juventus-Napoli, l'errore di Kvaratskhelia (Ansa)

Napoli, 9 dicembre 2023 - Parlare di resa sul fronte scudetto dopo appena 15 giornate può sembrare prematuro, ma nel caso del Napoli paradossalmente la bandiera bianca è stata inconsciamente issata addirittura prima: probabilmente nel momento in cui, nel pieno dell'apoteosi scudetto, la spina è stata staccata per fare spazio a una festa che oggi pare lontana anni luce. Così come, a parti inverse, della Juventus derelitta e fragile di un anno fa resta solo il pallido ricordo, come sperimentato sulla propria pelle dagli azzurri, usciti dall'Allianz Stadium con sulle spalle una sconfitta pesantissima più nei significati che nelle proporzioni. Esattamente come successo nel turno precedente contro l'Inter.

Il nervosismo di Osimhen

Stavolta è anche il risultato a testimoniare quanto la contesa sia stata tirata e in bilico fino alla fine, con il solo gol di Federico Gatti (ormai un bomber aggiunto a disposizione di Max Allegri) a far pendere l'ago della bilancia in un senso. La realtà però, come sempre, è più complessa: a maggior ragione quando di mezzo c'è una squadra che fino a pochi mesi fa ai rivali lasciava solo le briciole e che ora, con una rosa pressoché identica, sembra incapace di sprigionare anche solo un frammento di quella potenza. Parlare di episodi, sfortuna e altri ingredienti figli del caso non rende giustizia a nessuno. Innanzitutto al Napoli di una stagione fa, quello che raccoglieva meritatamente risultati ed encomi proprio grazie, tra le altre, a queste peculiarità. Poi ai rivali, che per avere ragione dei campioni d'Italia in carica, a dispetto dell'attuale stato di salute non esattamente eccellente, devono comunque sudare le proverbiali sette camicie. Infine al proprio presente, ormai dolce solo per quel tricolore che svetta sul petto dei giocatori, a loro volta sempre più nervosi. A tal riguardo, gli emblemi sono due. Si comincia da Victor Osimhen, uno che per la verità spesso era fumantino anche nei giorni d'oro: figurarsi oggi che ben poco sembra funzionare sul pianeta azzurro. Passando alla stretta attualità, gli highlights della partita del nigeriano all'Allianz Stadium sono pochi: per la precisione un gol annullato per fuorigioco, un assist di platino incredibilmente cestinato da un compagno di squadra a sua volta non esattamente uguale agli altri e, dulcis in fundo, le dita alzate (cinque da una mano e una nell'altra) per schernire il pubblico bianconero, ricordando loro il clamoroso pokerissimo rifilato nella scorsa stagione al Maradona quando, curiosamente, erano proprio i bianconeri a trincerarsi dietro il proprio passato ricco di trionfi, ricevendo di risposta, dagli eterni rivali azzurri, un monito sull'importanza del presente. Praticamente l'opposto di quanto sta accadendo oggi, con Juventus e Napoli a scambiarsi gli abiti confermandosi, almeno sotto questo aspetto, più simili di quanto si possa pensare.

La crisi di Kvaratskhelia

Parli della prestazione di Osimhen nel match che, a meno di miracoli, ha sancito la fine del sogno scudetto per gli azzurri ed è inevitabile non tirare fuori dal (recente) archivio un numero di un giocatore che, nella scorsa stagione e in particolare nella prima metà, di numeri ne ha collezionati parecchi: anche in questa annata in un certo senso si parla spesso di Khvicha Kvaratskhelia, ma nel verso opposto. Si chiedeva al georgiano di tornare a essere quel giocatore determinante per le sorti del Napoli e il diretto interessato in effetti batte un colpo in tal senso: a detta dei tifosi (e dello stesso Walter Mazzarri) la clamorosa occasione gettata alle ortiche su suggerimento proprio del (nervoso) Osimhen ha spento definitivamente la luce dei partenopei dopo una prima parte di gara che sembrava il preludio a ben altro. E dire che per una volta uno dei tanti citati episodi sembrava sorridere al Napoli, poiché l'uscita di Wojciech Szczesny (invece miracoloso su Giovanni Di Lorenzo) era stata tutt'altro che impeccabile, con il portiere ritrovatosi presto pericolosamente a metà strada: davanti a Kvara c'era quindi l'intero specchio di porta, incredibilmente mancato. Un errore imperdonabile in particolare su un campo come l'Allianz Stadium, tornato a essere il fortino di una Juventus a sua volta di nuovo cinica e spietata. Juventus che, per espressa ammissione di Allegri, puntava tanto a distanziare in maniera forse già inesorabile il Napoli, ora lontano ben 12 punti: il tutto aspettando l'Inter, impegnata in serata con l'Udinese e, in caso di successo, pronta a volare a +14 sui campioni d'Italia in carica. Praticamente quasi una sentenza, così come lo era il margine costruito l'anno scorso dagli azzurri proprio con proporzioni simili ma nel contesto di un'annata diversa, troncata quasi a metà dalla lunga pausa per far spazio ai Mondiali. Che ripetersi fosse complicato era quasi una certezza fin dall'estate e forse non solo per gli scossoni avvenuti in panchina con l'addio di Luciano Spalletti e nella rosa, con la partenza di Kim Min-Jae rivelatasi più pesante del previsto. Ma anche immaginare una resa così anticipata, praticamente a neanche metà del campionato, dei detentori del titolo era uno scenario non esattamente gettonato fino a pochi mesi fa. A Mazzarri, dunque, il compito di provare a portare il Napoli in Champions League. Anzi, ancora prima di pensare alla prossima edizione della competizione continentale più prestigiosa il tecnico toscano, tornato ai suoi vecchi fasti del ticchettio sull'orologio, deve difendere quella in corso, evitando (altre) brutte sorprese contro lo Sporting Braga. La cattiva notizia, strano a dirsi, è che il faccia a faccia decisivo si giocherà in un Maradona ormai diventato più di un tabù. La buona è che gli azzurri avranno diverse combinazioni per tenersi al riparo da un risultato fallimentare. A far pendere l'ago verso uno dei due picchi saranno la verve di uomini come Osimhen e Kvara, i protagonisti dello scudetto scivolati in un pericoloso gorgo: il nigeriano è un fascio di nervi contro tutto e tutti, mentre il georgiano deve ritrovare lo smalto dei giorni d'oro, quelli di uno scudetto oggi per il Napoli lontano anni luce.

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