Kilde, la caduta di Wengen scatena la polemica. Paris, Odermatt e Sarrazin attaccano la Fis

Da Paris a Casse, passando per Sarrazin e Odermatt, il vincitore della discesa libera che è quasi costata la vita al norvegese: per tutti la Federazione è colpevole di quanto accaduto in Svizzera

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO -
13 gennaio 2024
Wengen, la caduta di Kilde (Ansa)

Wengen, la caduta di Kilde (Ansa)

Wengen (Svizzera), 13 gennaio 2024 - Il mondo dello sci trattiene il fiato per le sorti di Aleksander Aamodt Kilde, vittima di una paurosa caduta a una decina di metri dalla fine della discesa libera di Wengen, una delle più difficili dell'intera Coppa del Mondo. Il norvegese si è schiantato contro le reti nella 'esse' conclusiva, venendo presto portato all'ospedale di Interlaken via elicottero. Ancora prima, durante la lunga sospensione della gara che ha visto poi il successo di Marco Odermatt, i medici sono intervenuti in loco applicando un laccio emostatico alla gamba, dopo che una lunga scia di sangue aveva macchiato la neve: una macabra visione che aveva riportato alla mente la tragedia che nel 1991 costò la vita, tra l'altro nel medesimo punto, all'indimenticato Gernot Reinstadler. Una mossa provvidenziale che ha di fatto salvato Kilde, ora sottoposto ai primi accertamenti del caso che avrebbero evidenziato una frattura scomposta alla gamba destra e in particolare al femore. Un responso durissimo ma che comunque, paradossalmente, si accompagna a un gran sospiro di sollievo per una situazione che avrebbe potuto assumere contorni ancora più drammatici. Tuttavia, nulla basta a placare le polemiche, alimentate da voci molto illustri.

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Le dichiarazioni di Paris, Sarrazin, Odermatt e Casse

  Al centro della rabbia di diversi sciatori, nata per la verità già dopo il grave infortunio occorso nel super-g che è costato il prosieguo della stagione ad Alexis Pinturault, c'è la decisione della FIS di ingolfare il calendario della Coppa del Mondo, aggiungendo la discesa libera di giovedì, quella valida per il recupero di Beaver Creek, proprio a ridosso della gara più lunga e faticosa dell'intero Circo Bianco. Certo, nel caso dell'incidente di Kilde, l'errore è stato umano sia nella curva incriminata sia forse nella decisione di affrontare l'inferno di Wengen in condizioni fisiche non ottimali alla luce di un'influenza molto debilitante: la stessa che potrebbe aver messo fuori causa la fidanzata Mikaela Shiffrin, non a caso in questi giorni assente dalle gare. Fatto sta che la sbavatura del norvegese è stata chiaramente alimentata da una cattiva postura dettata dalla stanchezza: un dettaglio che ha fatto montare l'ira di diversi atleti, con Dominik Paris, oggi terzo al traguardo seppur a distanza abissale da Odermatt, ad aprire la processione di recriminazioni davanti a microfoni e taccuini. "Fare due discese nella stessa località non è l'ideale: a maggior ragione a Wengen. Io preferisco avere una sola occasione e giocarmela al massimo. Con un programma del genere, il rischio di commettere un errore dovuto alla stanchezza è molto alto e su una pista del genere anche una sbavatura può costare cara". All'azzurro si accoda Cyprien Sarrazin, la sorpresa di questa prima parte di stagione che si è confermato tale anche nella località svizzera, chiudendo secondo. "Aleksander è l'atleta più forte di tutti ed è caduto poco prima del traguardo. Tre giorni di fila sul tracciato più lungo e complicato del circuito è troppo: questi non sono buoni sentimenti", la chiosa del francese, che come tutti, ancora una volta, si è dovuto inchinare davanti a re Odermatt, che oggi, come tutti, non ha molta voglia di festeggiare. "Spero che quanto accaduto sia una lezione per tutti noi": nel 'noi' del fuoriclasse svizzero sono chiaramente compresi gli atleti ma anche la Federazione, attaccata anche da Mattia Casse, oggi decimo. "Dopo una discesa così dura si arriva alla fine stanchissimi. Kilde evidentemente ha pagato il tutto con gli interessi perché era influenzato. Inoltre, eravamo reduci da altre competizioni e dalle prove delle stesse. Siamo al quinto giorno complessivo di gare dalla durata sempre vicina ai 2'. Wengen non perdona e proprio per questo motivo penso non sia corretto sovraccaricare il calendario a ridosso di questo appuntamento".

Le dichiarazioni di Goggia

Intanto, poco prima, ad Altenmarkt-Zauchensee, Sofia Goggia apponeva l'ennesimo alloro alla sua straordinaria carriera vincendo la discesa libera. La bergamasca, visibilmente emozionata per il risultato raggiunto, prova a venire incontro alla FIS e alle sue decisioni dettate anche da diversi precedenti rinvii: ma con una postilla finale che non la scagiona sui fatti di Wengen. "Purtroppo il meteo è un'incognita impossibile da comandare. La Federazione prova a recuperare le gare il prima possibile per evitare complicazioni ulteriori nei mesi successivi per il medesimo motivo che farebbero saltare definitivamente diversi appuntamenti. Credo però - conclude Goggia - che appesantire la programmazione a ridosso di Wengen, dove l'impegno fisico degli atleti è enorme, sia stato eccessivo".

La tuta antitaglio

Al di là delle recriminazioni sul calendario, l'accento va anche sulla cosiddetta tuta antitaglio, il cui utilizzo è stato prima accettato, poi consigliato e infine, a partire dalla stagione 2022-2023, reso obbligatorio dalla Federazione dopo un lungo tavolo di dialogo e sperimentazioni. Non a caso, le prime versioni del dispositivo, nate tra il 2016 e il 2017, si presentavano poco idonee ad abbinare la sicurezza con la ricerca delle più alte performance sportive, grande prerogativa degli atleti impegnati nella Coppa del Mondo. Lo sviluppo del prodotto ha portato a un risultato finale capace di unire un'alta vestibilità alla resistenza a diverse tipologie di taglio, studiate attraverso l'utilizzo di una lama definita attraverso geometria, peso, dimensioni e affilatura. Per quanto riguarda lo sci alpino, l'attenzione è stata posta sul singolo evento di taglio (come appunto quello capitato allo sfortunato Kilde) rispetto all'usura e al ripetuto contatto della lama con una determinate area. Un altro punto al centro dello studio è stata l'evidenza della differenza tra un impatto 'semplice' con una lama e un altro dettato dall'aggiunta di altre variabili, come la pressione del contatto e la velocità dell'atleta. Insomma, probabilmente la scienza, che pur ha fatto ampi progressi al riguardo, deve ancora lavorare per perfezionare i dispositivi a protezione degli sciatori: il resto dovrebbe farlo una Federazione chiamata a contemplare le esigenze di uno sport martoriato dall'emergenza climatica e quelle della sicurezza degli atleti, che dovrebbero essere sempre la priorità.

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