Spalletti Fast & Furious, la corsa dopo il pareggio: “Giochiamo per i bambini”. E il tabellone ora sorride

Dopo l’esultanza sfrenata il tecnico se l’è presa con la stampa e con una ’talpa’ nella delegazione, nella notte ha chiesto scusa: "L’importante era passare". Il calendario migliore: Francia, Germania e Spagna solo in un’eventuale finale

di GIULIO MOLA, INVIATO -
26 giugno 2024

La notte, lunghissima, irrequieta, carica di tensioni e sospetti dopo interminabili minuti di felicità in campo, alla fine ha rimesso tutto a posto. E il risveglio nel “day after” che segue la rocambolesca qualificazione degli azzurri agli ottavi di finale, restituisce un briciolo di (apparente) serenità dopo un match di un’intensità debordante e un post partita turbolento, con lo Spalletti Furioso, suscettibile e permaloso, che se l’è presa con opinionisti e giornalisti che gli ponevano domande o gli facevano semplici rilievi tecnico-tattici.

Luciano Spalletti con il vice Marco Domenichini
Luciano Spalletti con il vice Marco Domenichini

Josè Mourinho lo chiamava “il rumore dei nemici”, quegli stessi che probabilmente il tecnico di Certaldo vede all’esterno o anche in Casa Italia, paventando l’idea che a Iserlohn e dintorni possa aggirarsi qualche “talpa” velenosa e sgradita.

Insomma, la gioia per il pareggio che ha proiettato l’Italia a Berlino per gli ottavi con la Svizzera (e i risultati successivi hanno reso il tabellone più agevole: Francia, Spagna e Germania potranno essere affrontate solo in finale), ha scatenato l’effetto opposto, con l’allenatore che evidentemente aveva accumulato stress e tensioni più facili da scaricare in una conferenza stampa davanti ai giornalisti di tutto il mondo o in interviste tv che in un’esultanza sfrenata dopo novantotto minuti di passione e sofferenza. È lo sfogo di un commissario tecnico ma soprattutto di un uomo che sa di avere superato la tappa più importante della sua esperienza, ancora fresca, sulla panchina dei campioni d’Europa in carica.

Partiamo dalla fine: la telefonata di scuse del ct alle 2 del mattino (prima di imbarcarsi per Dortmund dove il gruppo è atterrato alle 3.40) al giornalista che aveva ipotizzato un “patto” fra tecnico e giocatori sulla questione modulo. Teorema che aveva mandato su tutte le furie Spalletti il quale anziché godersi la qualificazione sofferta "ma meritatissima, e qui lo sottolineo più volte" (ipse dixit), aveva replicato a muso duro e togliendosi qualche sassolino dalle scarpe davanti allo sguardo impietrito del presidente della Figc Gabriele Gravina. Il quale, per stessa ammissione di Spalletti, poco prima lo aveva invitato a tornare in campo per salutare e ringraziare in segno di rispetto i tifosi dopo il triplice fischio finale ("È stato giusto, fanno tanta strada e pagano tanti soldi, dovevo andare da loro").

"Mi traduca meglio la parola patto", alzava i toni Spalletti nel ventre della Red Bull Arena. La replica: "Mi è sembrata una formazione costruita dialogando molto con i giocatori, no?". E ancora Spalletti, in tackle duro: "Ecco, questo secondo me glielo hanno detto e fa bene a ridirlo. Perché è così. Io parlo con i giocatori, ho orecchi e devo guardare con i nostri occhi. Il 5-3-2 era la mia tesi a Coverciano, ne ho parlato con la squadra. Qual è il problema? Patto per gli altri? È un patto per noi. Sono debolezze di chi racconta le cose. Se qualcuno racconta le cose interne, fa il male della Nazionale". E ancora: "Abbiamo fatto quello che dovevamo fare. Eppure mi chiedevano prima di oggi: Se tu vai fuori? Che domanda è? Ci sta di andar fuori. E poi mi chiedevano: Hai paura? Ma che paura... Se avevo paura venivo a vedere le partite come voi giornalisti".

Un fiume in piena Spalletti che tira fuori gli artigli: "Perché anticiparci quello che può avvenire? Uno può fare l’analisi, ma non prenderci per il c... perché abbiamo perso una partita. Se poi ci sono altre persone che mi prendono di mira, divento una belva". Per fortuna ad un certo punto il ct si è addolcito, perché alla fine quel che conta è l’obiettivo raggiunto: "Dovevamo andare a Berlino, lo dobbiamo ai bambini che ogni giorno ci aspettano per ore solo per guardarci qualche secondo". A proposito: alle 4 del mattino fuori dall’hotel di Iserlohn ad attendere gli azzurri c’erano una ventina di tifosi. Non avevano sonno, ma solo voglia di festeggiare.

E da oggi, dopo il giorno di meritato riposo, si torna a parlare di calcio. Perché fra tre giorni si va a Berlino per affrontare la Svizzera, la più recente “bestia nera” del calcio azzurro. Il pareggio con la Croazia non cancella le magagne e inghiotte tutto, la qualità modesta, le amnesie in mediana e quel senso di sbadigliante impotenza che ci ha accompagnato per lunghi tratti. Più che il nuovo modulo alla fine la differenza l’ha fatta l’orgoglio nel momento in cui Spalletti ha affiancato a Retegui l’artiglieria pesante: Scamacca, Chiesa, Zaccagni. Per provare a sognare serve la svolta.

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