Napoli, i primi 20 anni di De Laurentiis: trionfi, cadute e rinascite
La gestione ADL taglia il traguardo tra delusioni, risalite e la ciliegina sulla torta chiamata Conte
Napoli, 10 settembre 2024 – Il primo regalo Aurelio De Laurentiis lo ha scartato con la vittoria al cardiopalma contro il Parma, servita a scacciare ulteriormente i venti di tempesta cominciati a soffiare dopo la falsa partenza di Verona e a regalarsi e regalare al Napoli una sosta più serena: il secondo il patron spera di riceverlo nel prossimo turno a Cagliari in quello che, tornando con la mente al tonfo del Bentegodi, finora l'unica trasferta disputata in stagione, sarà un po' un primo test sul reale stato di salute del neonato progetto azzurro. Da un progetto appena nato, quello che vede Antonio Conte in sella, a un altro ben più adulto, che spegne oggi le sue prime 20 candeline: due decenni in cui all'ombra del Vesuvio è successo proprio di tutto.
20 anni di ADL
Correva il 10 settembre 2004 quando il De Laurentiis rilevava il club partenopeo dopo il fallimento e, soprattutto, dopo anni tribolati in campo e fuori. La scalata della sua creatura, partita dalla Serie C, sarebbe stata inesorabile, con l'apice che sembrava essere stato raggiunto dall'approdo in Europa attraverso le varie porte: compresa quella principale della Champions League. Invece il Napoli torna a vincere e lo fa in crescendo: 3 successi in Coppa Italia, 1 in Supercoppa Italiana e, dulcis in fundo, lo scudetto della stagione 2022-2023, con il tricolore che torna in città dopo 33 anni di attesa. Non solo i 'freddi' numeri snocciolati osservando un palmares che proprio negli ultimi 20 anni è stato ritoccato con maggiore frequenza: al netto di qualche uscita infelice e di varie cadute di stile, De Laurentiis al Napoli ha dato credibilità a livello nazionale e internazionale, costruendo una macchina capace di camminare sulle proprie gambe, diventando addirittura un modello da emulare per le altre società. Certo, le lacune nel progetto ci sono e sono ancora belle grosse nonostante le rassicurazioni verbali che di tanto in tanto escono dal quartier generale di Castel Volturno. Dalla carenza di strutture di proprietà alla lunga querelle con il Comune per lo Stadio San Paolo (diventato nel frattempo Stadio Diego Armando Maradona), passando per un settore giovanile povero di qualità, quasi trascurato e dunque incapace di consegnare al Napoli talentini plasmati in casa (seppur con importanti eccezioni, come un certo Lorenzo Insigne): non tutto in questo ventennio è cresciuto con la stessa velocità propugnata a parole da De Laurentiis, un presidente lungimirante e illuminato (come da sua definizione in un momento di autostima evidentemente alto) che però ogni tanto incappa in qualche cortocircuito. Emblematica la gestione a ogni livello del post scudetto, diventato presto un'amaca sulla quale si sarebbero cullati tutti: forse anche lo stesso patron, fidatosi troppo degli eroi del tricolore (nel frattempo senza più la fame e la grinta dei giorni d'oro) e delle proprie scelte per la panchina, con il senno di poi decisamente discutibili.
La rivoluzione targata Conte
Cadere dopo aver toccato l'apice è semplice, rialzarsi decisamente meno e così De Laurentiis, con un inedito ruolo più defilato e in ombra, mette subito mano al suo Napoli per la rivoluzione annunciata e poi realizzata: 149,5 milioni spesi nella scorsa sessione di mercato solo per i cartellini dei giocatori, tutti scelti a immagine e somiglianza di Conte, l'allenatore della rinascita a sua volta sbarcato in azzurro firmando un triennale pesantissimo. Dunque, per una volta De Laurentiis non bada a spese, intaccando non poco le finanze del suo club proprio alla vigilia della stagione che lo avrebbe visto fuori dalle competizioni europee dopo ben 14 anni di presenze di fila, un primato che come pochi fotografa la continuità raggiunta da una società che questo concetto, fino a 20 anni fa, lo aveva solo sfiorato nei momenti d'oro, a loro volta figli di intuizioni felici sul mercato. De Laurentiis, al netto di qualche colpo da novanta utile in campo, per la crescita della squadra anche a livello di personalità, e fuori, per ridare lustro all'immagine del club, ha rifondato il Napoli dalle fondamenta, cancellando il dogma delle fortune legate principalmente a un singolo giocatore, com'era stato negli anni di platino di Maradona. Non a caso, parlando del solo attacco, in 20 anni all'ombra del Vesuvio si sono alternate decine di bomber, (quasi) tutti comprati, valorizzati e poi ceduti senza che il progetto subisse alcun contraccolpo. Di pari passo con il club, è maturata anche la piazza, che ha imparato a fidarsi (quasi) ciecamente del proprio presidente e delle sue scelte. Certo, le tensioni non sono mancate e sicuramente l'ormai famigerato post scudetto non ha aiutato ad appianarle né a trasformare in un plebiscito la popolarità di De Laurentiis, che insieme proprio ai beniamini del tricolore ha presto dilapidato tutto il credito guadagnato. Guai però a dare per finito il Napoli e lo stesso ADL, che per ripartire e per provare a celebrare al meglio il suo primo ventennale al timone del club, sceglie l'artiglieria pesante: Conte in panchina. In realtà, un precedente nome altisonante dalle parti di Fuorigrotta s'era già visto ed è quel Carlo Ancelotti che ha proprio nel Napoli una delle pochissime macchie del suo curriculum. Anche per questo motivo, la suggestione Conte è bella pesante, ma la differenza è che nel frattempo il patron ha cucito sul nuovo tecnico la squadra, e non viceversa, consegnandogli un ruolo quasi manageriale senza eguali a Castel Volturno. Solo il tempo e il campo emetteranno i verdetti su questo ciclo ancora in fase embrionale, ma quel che sembra certo già ora è che mai come in questo caso De Laurentiis ha fatto tutto ciò che poteva, al contrario di un'estate fa: dilatare i cordoni della borsa per accontentare il proprio allenatore, facendo spazio anche a giocatori fatti e finiti e quindi ben lontani dall'identikit tipico del colpo del Napoli. Si cambia per migliorare e si cambia per regalarsi un buon 'compleanno': De Laurentiis le sue mosse le ha fatte, ora agli azzurri il compito di trasformarle (ancora) in quelle vincenti.
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