Napoli, brillano attacco e difesa nel segno di Raspadori e Natan

I due azzurri cercano riscatto dopo un'annata deludente e interlocutoria: per ora stanno convincendo Conte nelle amichevoli estive, tutte vinte

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO -
1 agosto 2024
Giacomo Raspadori (Ansa)

Giacomo Raspadori (Ansa)

Napoli, 1 agosto 2024 – Il valzer delle punte vede in Victor Osimhen e Romelu Lukaku le stelle pincipali della pista, ma chissà che dalle retrovie non avanzi un ballerino sulla carta forse meno quotato ma in costante crescita e ascesa: Giacomo Raspadori sfrutta al meglio l'assenza del bomber principe, in odore di cessione nonostante le smentite di rito che arrivano dal quartier generale di Castel Volturno, e prova così a scalare le gerarchie agli occhi di Antonio Conte, che dal canto suo risponde lanciando anche un esperimento che prevede le due punte.

La chance di Raspadori

Certo, tra i supplenti del nigeriano ci sarebbe anche Giovanni Simeone, ma anche in questo caso fanno capolino il mercato e le voci che si porta dietro. In effetti lo stesso Raspadori, ormai da anni golden boy del calcio italiano, non è immune dalle sirene che lo vorrebbero altrove, addirittura come oggetto di scambio: frequenti in particolare le suggestioni che lo vedrebbero passare alla Juventus, con Federico Chiesa che potrebbe fare la tratta opposta. Chissà, magari per qualche ora questa tentazione sarà davvero esistita tra gli uomini mercato azzurri, consapevoli più che mai che quest'anno le regole le detta un certo Conte, l'allenatore-manager scelto per ridare lustro (anche mediatico) al progetto nell'anno in cui mancherà la vetrina europea. Poi tutto, ammesso che sia davvero esistito, è rapidamente rientrato in nome della continuità voluta da Aurelio De Laurentiis anche e soprattutto nella stagione senza Champions League: i pezzi grossi della rosa, o comunque quelli con un potenziale inesploso come appunto Raspadori, non si muoveranno anche ora che, sulla carta, il Napoli partirà più dalle retrovie in un'ipotetica griglia di partenza della Serie A. Proprio il patron, si sa, è un grande estimatore del classe 2000, inseguito e voluto quasi a ogni costo, come dimostra l'investimento da 30 milioni (5 milioni per il prestito oneroso dal Sassuolo, 25 milioni per l'obbligo di riscatto) effettuato nell'estate 2022. Da allora il nativo di Bentivoglio ha ripagato la fiducia con gol pesanti, pesantissimi, spesso realizzati proprio contro la mai banale avversaria chiamata Juventus, ma sempre nel contesto di scampoli di match o di apparizioni dal primo minuto solo in gare sulla carta non esattamente di cartello. Tra le righe, ma neanche tanto, dal ritiro della Nazionale alla vigilia della (nefasta) avventura a Euro 2024 proprio il diretto interessato aveva fatto capire di non volersi più accontentare di un ruolo del genere quasi da tappabuchi, capendo anche che intanto il tempo nel calcio scorre via veloce, con tutte le conseguenze del caso. L'antifona è stata recepita di dovere dal Napoli, che dal canto suo però non ha garantito a Raspadori il ruolo da titolare: troppo ingombrante l'eredità di Osimhen, ammesso che alla fine l'addio si concretizzi davvero, per estrarre l'eventuale nuovo bomber dal novero di quelli già presenti in rosa. Più che come una bocciatura la scelta del club partenopeo andrebbe letta dalla prospettiva opposta: affidare l'intero peso dell'attacco a Raspadori significherebbe, al primo inevitabile passo falso, esporlo al pesantissimo paragone con il nigeriano, l'idolo inconstrastato dello scudetto al quale, non a caso, la piazza ha perdonato diverse battute a vuote. Allo stesso tempo, relegare Raspadori, ancora giovane ma di certo non più giovanissimo, al semplice ruolo di riserva suonerebbe come l'ennesima bocciatura non in linea con l'investimento operato dalla società nell'estate 2022 e, ancora di più, con il muro alzato in sede di mercato a chiunque voglia provare ad approcciarsi a un jolly che in attacco sa fare tutto. Specialmente segnare, come ricordato un po' a tutti nel test contro il Brest, la quarta vittoria in altrettante amichevoli del Napoli.

La chance di Natan

All'en-plein di successi, dal valore attualmente più simbolico che effettivo, si accompagna il poker di clean sheet. E qui il focus si sposta sulla difesa e su un giocatore ancora più indietro nelle gerarchie di Raspadori, che almeno ha avuto il merito (e la fortuna) di entrare nella rosa dello scudetto: Natan, arrivato nell'estate successiva, è diventato suo malgrado l'emblema di un mercato non all'altezza della squadra detentrice del titolo, con tutte le conseguenze del caso che sarebbero riemerse con prepotenza nei mesi successivi, quelli del naufragio di un intero progetto. Certo, molto del suo lo ha messo proprio il brasiliano con errori e amnesie marchiani che si sono 'ben' incastonati nel contesto di una retroguardia che via via, di pari passo con i tanti ribaltoni in panchina, sarebbe diventata un colabrodo con sempre più buchi. Insomma, nella sua prima stagione in azzurro non si può dire che Natan abbia svolto il ruolo del trascinatore e probabilmente il trend potrebbe continuare anche qualora le cose a livello difensivo dovessero cambiare quest'anno, come Conte e un'intera piazza auspicano: questa mansione, nel caso, toccherebbe ad Alessandro Buongiorno, il presente e il futuro della retroguardia anche a livello di leadership. A Natan il Napoli e Conte chiedono di dimostrarsi un difensore affidabile, come titolare o anche come prima riserva. Lo stesso Natan a se stesso chiede di giocarsi al meglio forse l'ultima cartuccia per confermare a se stesso e agli altri di poter calcare i palcoscenici più importanti del mondo del calcio dopo il passaggio, forse troppo brusco e repentino, dal Bragantino alla squadra che appena poche settimane prima aveva vinto la Serie A. Per il momento, seppur nel contesto del calcio d'estate, le risposte che stanno arrivando sono ottime sia per il Napoli sia per Natan, da molti già indicato come il possibile vero 'nuovo acquisto' della squadra dopo un'annata, la scorsa, da giudicare quasi interlocutoria. Poi c'è chi come Raspadori sogna invece il definitivo salto di qualità. Il comune denominatore si chiama Conte, l'uomo chiamato a guidare la rinascita degli azzurri partendo dal gruppo, al centro di tutto, ma senza dimenticare e trascurare l'apporto dei singoli. Anche di coloro che sembravano quasi dei reietti.

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