Napoli, non solo Conte e Italiano: per la panchina piace anche Possanzini

Continua il casting di De Laurentiis, che insiste per Manna come direttore sportivo. Grana Di Lorenzo: senza un progetto vincente potrebbe andar via

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO -
3 aprile 2024
Davide Possanzini (Ansa)

Davide Possanzini (Ansa)

Napoli, 3 aprile 2024 – Nel capoluogo campano le voci di una rivoluzione capillare si susseguono da mesi: praticamente fin da quando si è intuito che la stagione in corso non fosse destinata a ripetere gli acuti di un anno fa. La ridda di nomi è lunga e periodicamente si arricchisce di altri candidati, ma stavolta l'impressione è che, almeno per quanto riguarda il nuovo direttore sportivo, si sia ben oltre il campo delle mere ipotesi. Il Napoli ha infatti individuato in Giovanni Manna, oggi alla Juventus, l'erede di Mauro Meluso, che sarà ricordato più per le sporadiche apparizioni davanti a microfoni e taccuini che per colpi di mercato degni di tale nome. La situazione dell'allenatore, con a sua volta Francesco Calzona quasi ai titoli di coda, è invece ancora più nebulosa: il sogno di Aurelio De Laurentiis si chiama ancora Antonio Conte, ma quest'ultimo per ora sembra avere altre idee e di certo la sempre più probabile mancata qualificazione alla prossima Champions League non aiuta. In seconda fila avanza, forse senza più il reciproco entusiasmo di mesi fa, Vincenzo Italiano, che garantirebbe certezze sul piano tattico, con il 4-3-3 di nuovo in pianta stabile a Fuorigrotta, ottima esperienza in Serie A e il ritorno della filosofia del 'giochismo'. Con ADL le sorprese e i colpi di teatro però sono dietro l'angolo, sempre con il fine ultimo di stupire, riaccendere la fiammella e magari tentare un colpo low cost, come in passato era stato l'arrivo in panchina di Maurizio Sarri. A tal riguardo, non bastava l'interessamento per Fabio Pecchia, che sta brillando in Serie B con il suo Parma: all'elenco dei candidati si aggiunge Davide Possanzini, oggi al Mantova, in Serie C.

Idea Possanzini

Insomma, come spesso succede esistono due De Laurentiis e non si parla dei figli del patron, già da tempo nel mondo del calcio: uno cerca il cosiddetto usato sicuro, che in questo caso risponde al nome di Conte, e l'altro va a caccia di un allenatore dal nome meno blasonato per plasmare un Napoli che potrebbe andare verso questa direzione, nel segno di un tentativo di ritorno al passato. In effetti, la rosa dello scudetto era stata costruita nel tempo da Cristiano Giuntoli portando a Castel Volturno giocatori semisconosciuti o quasi e pagati anche relativamente poco, con l'eccezione bella grossa che risponde al nome di Victor Osimhen. Con l'attuale dirigente della Juventus, tra l'altro appena poco dopo la festa tricolore, l'epopea si era chiusa malissimo anche per una questione di fede calcistica, con De Laurentiis a dichiararsi ignaro della passione bianconera dell'ormai suo ex braccio destro. Il 'problema' rischia di riproporsi con Manna, un altro appassionato conclamato dell'acerrima rivale. Chissà come sarà, o sarebbe, gestita la vicenda stavolta da ADL, che non potrà permettersi il lusso di affermare di cascare dalle nuvole. E chissà cosa accadrebbe a parti invertite, con un dipendente rinnegato o, peggio, discriminato per essere napoletano e 'napolista'. Il primo quesito, a meno di altri ribaltoni e colpi di scena, verrà risolto al massimo tra un paio di mesi, quando il 'nuovo' Napoli comincerà a prendere piede per provare, in estate, a cancellare quanto fatto (o non fatto) quest'anno. Per ora sul tavolo ci sono decine di tasselli che potrebbero comporre il mosaico buono. In prima linea c'è Manna, l'attuale direttore sportivo della Juventus (e bianconero di fede), che dovrebbe legarsi fino al 2027 (con opzione per altri 2 anni) e che potrebbe a sua volta proporre un suo uomo per la panchina: naturalmente previa approvazione di De Laurentiis, che dopo l'euforia scudetto e il sogno poi tramontato di vedere il suo Napoli nel prossimo Mondiale per club oggi torna apparentemente a volare basso, sondando anche il mercato delle categorie inferiori.

Di Lorenzo in bilico

Insomma, come spesso succede, nel capoluogo campano non ci sono molte vie di mezzo: a maggior ragione quando si parla dell'uragano ADL, che alterna senza farsi troppi problemi le massime ambizioni per la sua creatura a pensieri sulla carta più realistici e quasi 'terra terra'. Il trait d'union tra questi due ambiti così lontani dello sport (e della vita) è rappresentato da Giovanni Di Lorenzo, il simbolo di coloro che, come si suol dire, ce l'hanno fatta partendo dal basso e passando per una lunga gavetta. Basti pensare alla parabola intrapresa dal terzino, passato in pochissimi anni dal Matera al Napoli, con il quale ha vinto lo scudetto da capitano: prima ancora l'ex Empoli aveva festeggiato con la maglia della Nazionale la vittoria a Euro 2020. Insomma, quella di Di Lorenzo, giocatore serio e leale che mette d'accordo i tifosi propri e gli avversari, è a tutti gli effetti una favola a lieto fine e a fortissime tinte azzurre. Come tutte le favole però non mancano le zone d'ombra e i momenti di difficoltà: nel caso specifico, Di Lorenzo quest'anno è stato spesso il catalizzatore di fischi e contestazioni dei tifosi, che invece si sono dimostrati più clementi nei confronti di altri protagonisti dello scudetto a loro volta scivolati su diverse bucce di banana. La frattura tra le parti, forse mai del tutto sanata, è avvenuta la sera dell'eliminazione del Napoli dalla Coppa Italia per mano del Frosinone, che dilagò al Maradona anche grazie alla peggiore prestazione a Fuorigrotta di Di Lorenzo, che da buon capitano si assunse pienamente le sue responsabilità. La mano tesa non è bastata a blindare un futuro che, contratto in scadenza nel 2028 alla mano, dovrebbe essere ancora a tinte azzurre. Invece sul classe '93 sono piombati con forza Manchester United e Aston Villa, che mettono sul piatto, in ordine sparso, soldi, l'approdo in Premier League ma soprattutto un progetto vincente: tutti elementi prioritari per Di Lorenzo, che per l'ultima parte di carriera, dopo aver fatto appunto una lunga gavetta, non vuole passi indietro e ridimensionamenti. Dunque, a maggior ragione in caso di scarso feeling con il nuovo allenatore, meglio lasciarsi ora prima che il rapporto si incrini ulteriormente.

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