Napoli, Conte e De Laurentiis a confronto tra mercato e scelte tecniche e verbali
Il pesante k.o. contro il Verona ha dilatato la frattura già esistente tra i due vertici della società partenopea. Ma lo stesso allenatore, tra dichiarazioni e pretese, comincia a non convincere del tutto
Napoli, 19 agosto 2024 - Se per le Nazionali si dice che ognuna, prima o poi, incappi nella sua Corea, a livello di club in Serie A la parte di guastafeste storicamente se la becca il Verona, non a caso denominato 'fatal'. Neanche il Napoli, tra l'altro nel contesto sempre rovente del Bentegodi, fa eccezione, con Antonio Conte costretto a registrare il peggior debutto su una panchina: segnano Dailon Rocha Livramento Do Rosario e Daniel Fernando Mosquera Bonilla (due volte), non proprio gli spauracchi estivi di qualsiasi tifoso, mentre gli azzurri più attesi e dai nomi ben più blasonati marcano visita, chi per un motivo e chi per un altro. La stessa Khvicha Kvaratskhelia ci prova prima di essere messo k.o. da un doppio problema, un giramento di testa e un affaticamento muscolare, mentre ad André-Frank Zambo Anguissa dice di no la traversa: comunque troppo poco per riuscire a replicare all'ardore, alla voglia e alla determinazione dell'Hellas, peculiarità ben sottolineate anche da Conte ma che tuttavia non bastano a nessuno a guadagnarsi l'indulgenza in un processo lampo che ben pochi avrebbero immaginato.
Accelerata sul mercato, ma...
Eppure, proprio il tecnico salentino, tolto l'entusiasmo immediato del post firma nella cornice di Palazzo Reale, aveva avvertito tutti sulle difficoltà che attanagliano il mondo Napoli e che vanno ben oltre i singoli giocatori e gli eventuali rinforzi dal mercato. Peccato che poi lo stesso allenatore, smentendo in parte se stesso, esorti in maniera sempre più esplicita la società ad intervenire sul mercato per rimpolpare la rosa e, cosa forse ancora più importante, risolvere una volta per tutte la questione legata al destino di Victor Osimhen. Insomma, il Napoli ha dei mali che non riguardano soltanto le lacune di qualche giocatore, eppure a questo Napoli servono dei giocatori al più più presto: a tal riguardo, è cominciato l'iter delle visite mediche di David Neres, che arriverà dal Benfica per 30 milioni, guadagnando 3 milioni fino al 30 giugno 2028 (con opzione per un'altra stagione). Cifre importanti, come quelle che girano da tempo intorno a Romelu Lukaku, il vero pallino del tecnico azzurro: chissà che la scoppola del Bentegodi non serva alla società partenopea ad aprire i cordoni della borsa, accettando quasi completamente le richieste del Chelsea (almeno 30 milioni per un prestito con obbligo, e non diritto, di riscatto). Possibile dunque che davvero ora Aurelio De Laurentiis voglia accontentare in tutto e per tutto il proprio allenatore anche sul fronte Billy Gilmour, il puntello scelto per il centrocampo. A quel punto cadrebbero gli alibi accampati da Conte nonostante le scuse di rito e le assunzioni di responsabilità altrettanto standard in questi casi. Ma questi alibi sono davvero plausibili già oggi? A sentire il partito sempre più numeroso dei critici del nuovo tecnico azzurro, limitandosi alle sole partite ufficiali disputate finora (e dunque tralasciando la brutta amichevole giocata contro il Girona), per battere squadre come Modena (in Coppa Italia) e Verona (in Serie A) la rosa attuale del Napoli sulla carta sarebbe stata già pronta e sufficiente. Invece agli annali gli azzurri hanno consegnato rispettivamente un successo risicato ottenuto solo tramite i rigori e una debacle per 3-0, figlia di un secondo tempo da assenti ingiustificati in campo. Non solo: sempre il suddetto partito 'anti-Conte' tira in ballo le dichiarazioni della vigilia, quelle in cui alla squadra attuale veniva ricordato, quasi come una condanna ancora da scontare e impressa sulla pelle, il decimo posto della scorsa stagione, figlio di tutto fuorché del caso e della sfortuna. Insomma, forse non proprio un messaggio motivante. Oppure magari vale la tesi opposta.
Il fantasma dello scudetto e il caso Osimhen
Nel Conte pensiero, a parte i soliti messaggi indiretti alla società, una consuetudine generale in questa fase della stagione, era forse insita l'intenzione di allontanare ancora di più di quanto già non lo siano ora i dolci ricordi dello scudetto, quelli sui quali si sono cullati sia la piazza sia i giocatori. Lo scopo è presto detto e tira in ballo la paura (quasi una certezza) che il mercato da solo non possa bastare a curare tutti gli acciacchi di un malato più grave del previsto, come da letterale ammissione del tecnico salentino. Questione di mentalità. Poi però lo stesso Conte periodicamente ricorda con rimpianto la decina di giocatori dell'anno del tricolore andati altrove e addirittura non sostituiti: il riferimento va probabilmente a Piotr Zielinski, a sua volta ad oggi indisponibile all'Inter. Insomma, il fantasma dello scudetto aleggia a targhe e a giorni alterni e non di certo per snocciolare la rosa titolare che ieri è caduta rovinosamente a Verona, nella quale ben 9 giocatori su 11 (tranne dunque Pasquale Mazzocchi e Leonardo Spinazzola) vestivano già l'azzurro nell'anno di grazia. Possibile che dietro le parole spesso quasi incoerenti di Conte sul tasto dello scudetto ci sia una velata critica alla società, che dopo la festa più attesa non ha saputo (o voluto) imboccare una via netta una volta trovatasi a un bivio molto consueto in questi casi: varare la linea della continuità oppure dare il via a una rivoluzione netta e senza esclusione di colpi. A dare manforte alle possibili recriminazioni sul tasto da parte dell'allenatore salentino c'è il caso Osimhen, il manifesto più lampante del 'vorrei, ma non posso' inaugurato nel quartier generale di Castel Volturno un anno fa di questi tempi. Non a caso, sulle sorti del nigeriano Conte si è letteralmente tirato fuori, assegnando gli oneri della soluzione del caso alla sola società, che a sua volta in un futuro più o meno lontano potrebbe ribattere che nulla è stato fatto dal nuovo allenatore per provare a far passare il 'mal di pancia' (ammesso che fosse possibile) al numero 9. Il tempo del batti e ribatti tra accusa e difesa non è ancora maturo e non è detto arrivi in un calcio in cui tutto può cambiare con una vittoria. Fatto sta però che il processo a Conte e a De Laurentiis, a loro volta già a confronto, è iniziato.
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