Napoli, ciao 2023: il meglio e il peggio dell'anno dello scudetto

In attesa di scoprire cosa avrà in serbo il 2024, uno sguardo al recente passato a due facce del club partenopeo

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
1 gennaio 2024
La festa scudetto del Napoli (Ansa)

La festa scudetto del Napoli (Ansa)

Napoli, 1 gennaio 2024 - I primi giorni del 2024 porteranno in casa Napoli qualche volto nuovo, con Lazar Samardzic e Pasquale Mazzocchi come maggiori indiziati per diventare le prime novità dell'anno appena cominciato. Alle spalle del club partenopeo è però finito un 2023 destinato a rimanere nella storia dello stesso nonostante una spaccatura netta arrivata praticamente a metà, quasi a voler evidenziare ulteriormente le contraddizioni sempre presenti in una piazza a suo modo unica.

Il meglio

Nonostante la recente parabola, quella che ha di fatto già rovinato quasi totalmente l'intera stagione in corso, a prevalere sulla bilancia affettiva dei tifosi è la prima metà del 2023, quella che ha segnato la fine di un digiuno scudetto lungo 33 anni. I sintomi dell'impresa, per la verità, erano chiari già all'alba dell'anno, quando con un roboante pokerissimo il Napoli stese la Juventus al Maradona: il tutto dopo aver perso, appena pochi giorni prima, in casa dell'Inter. Non a caso, qualche mugugno sulla possibilità per gli azzurri di entrare in una fase di calo alla ripresa del campionato dopo la lunga pausa per far spazio ai Mondiali 2022 si stava già sollevando: da qui l'importanza del successo contro i bianconeri, al quale avrebbe fatto eco, sempre a Fuorigrotta ma a fine mese, quello sulla Roma, ottenuto proprio nella coda del match grazie a un guizzo di Giovanni Simeone, l'uomo della provvidenza nelle gare più complicate. Vincere sfide del genere, così tirate, si sa, fa gridare al cosiddetto anno di grazia. Non a caso, il trend positivo di un Napoli che volava in ogni sua unità si estende alla Champions League, con il 15 marzo a entrare nella storia del club come la data del primo approdo di sempre ai quarti di finale: giusto per addolcire ulteriormente l'evento e per confezionare un'altra serata memorabile, gli azzurri stendono l'Eintracht Francoforte con un tris senza appello. Il cammino nella competizione continentale più prestigiosa si sarebbe comunque esaurito a breve per mano del Milan, che curiosamente proprio in quei giorni avrebbe rifilato un clamoroso (ma indolore) poker interno ai futuri campioni d'Italia. Una macchia cancellata rapidamente innanzitutto dal successo ottenuto all'ultimo respiro in casa della Juventus, con Giacomo Raspadori ad apporre il penultimo mattone prima della matematica del tricolore, arrivata il 4 maggio grazie al pareggio di Udine. Al Napoli serviva un punto e punto è stato grazie a una rete, l'ennesima, di Victor Osimhen, l'uomo copertina dello scudetto grazie alla caterva di reti segnate in ogni modo: da rapace d'area, con iniziative personali e di testa specialmente grazie ai suggerimenti illuminati di Khvicha Kvaratskhelia, devastante in particolare nella prima metà dell'anno solare e dell'intera scorsa stagione. Se gli attaccanti, si sa, si prendono spesso i titoloni e i riflettori, il lavoro oscuro, quello meno lampante per gli sguardi meno attenti, spetta a centrocampisti e difensori. Nel primo novero finiscono Stanislav Lobotka e André-Frank Zambo Anguissa, i mediani che, nell'ordine, creano gioco e fanno legna nell'economia del gioco di Luciano Spalletti, probabilmente il vero simbolo di un trofeo alzato da capitan Giovanni Di Lorenzo, il gregario diventato grande nel contesto di una squadra circondata da un'aura di magia.

Il peggio

 Aura, non a caso, destinata a svanire già nella bella stagione, quando la pagina della stagione 2022-2023 era stata girata: a tal riguardo, l'unico capitolo da dimenticare del suddetto libro è il poker rifilato al Maradona dal Milan, un tonfo tanto rumoroso quanto, appunto, indolore. Eppure, forse proprio quella serataccia, rievocata con troppa frequenza da Aurelio De Laurentiis anche durante e dopo la festa scudetto, aveva inferto un primo scossone alla panchina azzurra. Il resto è storia nota: approdo sulla stessa di Rudi Garcia, prima indicato come il miglior allenatore su piazza e poi esonerato e umiliato dal patron e dai suoi pentimenti, alimentati da diverse debacle, curiosamente tutte nella cornice di quel Maradona che appena pochi mesi fa era stato la culla del trionfo. All'alba di settembre il Napoli perde malamente contro la Lazio, scoprendo così le proprie prime crepe interne dopo un buon inizio di campionato che all'apparenza sembrava tracciare una linea di continuità con il recente passato. I primi di ottobre segnano un tonfo ben più pesante: quello contro la Fiorentina, negli anni recenti spesso giustiziera degli azzurri così come l'Empoli, l'altra toscana che il 12 novembre si impone a Fuorigrotta in zona Cesarini grazie a una gemma di Viktor Kovalenko, aprendo così ufficialmente la crisi che conduce all'esonero di Garcia, a detta di molti il male supremo che stava tarpando le ali alla squadra campione d'Italia. Ma sarà proprio così? In realtà no, perché il suo successore Walter Mazzarri emula in tutto e per tutto il suo predecessore, anzi peggiorando addirittura il ruolino di marcia: il redivivo tecnico toscano finora ha infatti raccolto 3 vittorie, 5 sconfitte e 1 pareggio a fronte del bottino da 8 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte del francese, con lo stesso De Laurentiis a questo punto inchiodato alle sue responsabilità e costretto (evento più unico che raro) a fare mea culpa. Tutto ciò è successo dopo lo scialbo e quasi inutile pareggio a reti bianche contro il Monza, ma il peggio del Mazzarri bis si era consumato, sempre al Maradona, pochi giorni prima, quando con un clamoroso poker il Frosinone aveva segnato l'eliminazione del Napoli dalla Coppa Italia. Quella sera il disastro fu firmato in coabitazione da diversi titolarissimi, con Di Lorenzo come mesto emblema, ma anche da giocatori arrivati in estate: Natan, Jesper Lindstrom e Jens Cajuste, un tris di flop che basta di per sé a evidenziare gli errori e le leggerezze compiuti in piena sbornia scudetto. Ai balbettanti nuovi vanno aggiunti i vecchi clamorosamente calati: di fatto quasi tutti gli eroi dello scudetto, con Juan Jesus e Alex Meret (che si è in parte riscattato parando il rigore a Matteo Pessina) a guidare l'elenco di coloro che in pochi mesi sono passati dalle stelle alle stalle. Proprio come un'intera piazza.Leggi anche - I risultati NBA della notte  

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