Napoli, Lobotka torna il faro della mediana. E la tenuta difensiva è da scudetto

Lo slovacco è di nuovo su livelli altissimi come nell'anno del tricolore. Prezioso anche il lavoro in fase di ripiegamento, con gli azzurri che hanno subito appena 15 tiri nello specchio

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO -
6 ottobre 2024
Stanislav Lobotka (Ansa)

Stanislav Lobotka (Ansa)

Napoli, 6 ottobre 2024 - Il manifesto di un Napoli uscito rivoluzionato dallo scorso mercato estivo sono inevitabilmente i nuovi arrivi, e alla luce dei 149 milioni spesi non potrebbe essere altrimenti. Eppure, nella squadra che si presenterà da capolista solitaria alla prossima sosta sono tante le cose che stanno funzionando, molte delle quali riguardano anche chi già vestiva l'azzurro nel passato più o meno recente. Volendo anche in questo caso issare un manifesto, la palma non può che andare a Stanislav Lobotka, tornato l'ingranaggio principale di una macchina vicina ai vecchi fasti. Se poi la benedizione arriva, oltre che dai dati, anche da una vecchia gloria del centrocampo come Cesc Fabregas, allora le discussioni sulla vicenda sono chiuse sul nascere.  

I numeri di Lobotka contro il Como

  Il tecnico del Como, a margine della sconfitta (forse troppo severa nel punteggio) rimediata dai suoi al Maradona venerdì sera, ha elogiato senza mezzi termini lo slovacco, indicato come il vero man of the match della sfida al di là di quanto sancito dai premi ufficiali e da un tabellino in cui, con 1 rigore trasformato e 2 assist a referto, è entrato di prepotenza Romelu Lukaku. In effetti, Fabregas dice bene, perché nella quarta vittoria di fila del Napoli a Fuorigrotta, la sesta totale in altrettante partite contando anche la Coppa Italia, Lobotka ha svolto un ruolo cruciale che esonda da quello del 'semplice' regista. Venerdì l'ex Celta Vigo ha infatti toccato, tutti con estremo profitto, 49 palloni, vincendo ogni duello (7 su 7) e completando ben 35 passaggi su 39 tentati in totale. Numeri freddi che in realtà, tra le loro pieghe, nascondono bene tutto ciò che ha fatto lo slovacco sul rettangolo verde: difesa a tutto campo, con le buone e con le cattive, come dimostrano anche i tackle tutti vinti, verticalizzazioni frequenti proprio come piace ad Antonio Conte e gioco all'occorrenza allargato con profitto verso le ali. Insomma, praticamente davvero tutto ciò che viene richiesto a un centrocampista moderno, come forse, in un'altra era calcistica, lo era stato già un precursore dei tempi come Fabregas. In realtà, il Napoli aveva già conosciuto il miglior Lobotka nell'anno dello scudetto e forse addirittura prima, ma a quei tempi, forse anche a causa di una fisicità all'apparenza non irresistibile, tra i pochi nei c'era la tenuta atletica, che ne richiedeva un impegno centellinato, se non quasi con il contagocce. Oggi invece lo slovacco, quasi come il vino che più invecchia e più diventa buono e prezioso, sta vivendo una seconda giovinezza ben fotografata dai 758' spesi in campo che lo rendono tra gli azzurri più impiegati da Conte. Il tutto alla soglia dei 30 anni e dopo che il club partenopeo, forse per la prima volta fin dal suo acquisto (risalente al gennaio 2020, per 24 milioni totali), in estate si era precipitato ad acquistare un alter ego, o presunto tale. Il tempo rema dalla parte di Billy Gilmour, curiosamente a detta di Giovanni Manna tra i primi giocatori cercati in sede di mercato, ma l'impressione è che per il momento all'orizzonte ci siano scampoli di partita o poco più: Lobotka, questo Lobotka, serve come il pane al Napoli ancora di più di molti volti nuovi.

L'importanza della panchina

  Lo scozzesino, giusto per distinguerlo da uno Scott McTominay molto più maturo anagraficamente (classe 2001 il primo, classe '96 il secondo) e tatticamente e non a caso già un titolare fisso, avrà comunque tempo e modo per mettersi in mostra: non tanto per gli appuntamenti che attendono gli azzurri in un orizzonte privo di competizioni continentali, quanto per le numerose pesche miracolose che Conte effettua da una panchina così ricca da far quasi aumentare i rimpianti per non avere il triplo impegno settimanale, pesante, sì, ma anche utile a oliare gli ingranaggi, come dimostra forse meglio di chiunque altra l'Atalanta. Lo dimostrano i cambi di modulo, con il 4-3-3 che sembra quello buono dopo tanti esperimenti e lo dimostrano, appunto, i cambi sempre più fruttuosi. Volendo trovare anche in questo caso un emblema, impossibile non citare David Neres, già a quota 2 gol e 4 assist in appena 139' in campo: percentuali altissime che probabilmente si abbasseranno quando, di pari passo, si alzerà il livello delle avversarie del Napoli e quando, magari, le difese impareranno a conoscere meglio il brasiliano e a studiare le contromisure. Un viatico che, tanto per restare allo stesso ruolo, Khvicha Kvaratskhelia conosce bene. Per il momento però il Napoli si gode la sua ala pura quasi vecchio stampo votata solo all'attacco e senza mansioni di ripiegamento: un furetto quasi imprendibile nonostante quell'aria un po' sorniona che all'inizio aveva fatto storcere il naso a molti alla luce dei 30 milioni spesi per un giocatore non più giovanissimo e da relegare principalmente alla panchina. Appunto, la panchina, la vera forza di un Napoli che, ora che è tornato in cima, non ha alcuna intenzione di cambiare strada. Se, oltre al centrocampo, a pesare a lungo termine è la difesa, per ora gli azzurri possono godersi dati molto rincuoranti, secondi solo a quelli della Juventus: 4 clean sheet e appena 15 tiri subiti nello specchio. Merito prima di Alex Meret, poi di Elia Caprile, con entrambi spesso salvati anche dai legni molto amici finora in stagione, ma merito soprattutto della cerniera che ben prima dell'area di rigore serra le fila: un filtro voluto, anzi, preso da Conte fin dall'estate per evitare un'altra stagione da 48 reti incassate, o addirittura di più, come quella passata che viene citata come un monito perenne. Qui torna in gioco Lobotka, geometra, metronomo ma anche pitbull capace di mordere le caviglie degli avversari. Insomma, il tuttocampista che ha fatto innamorare anche Fabregas: un amore non corrisposto (almeno con vista su un Como che sogna in grande per il futuro), perché questo Napoli ha ancora bisogno del regista occulto di cui si parla sempre troppo poco.

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