Napoli, comincia l'avventura di Conte nel segno dei tre casi da risolvere
Oltre al mercato in entrata e a qualche situazione burocratica da limare, pesano sul nuovo corso le palpitazioni intorno a Di Lorenzo, Kvaratskhelia e Osimhen
Napoli, 25 giugno 2024 - Finora la sua avventura al Napoli è stata caratterizzata dall'annuncio ufficiale, a sua volta accolto con un plauso quasi totale della piazza, e dal primo bagno di folla in città volto più che altro a rompere il ghiaccio: adesso per Antonio Conte arriva finalmente il momento di essere operativo. Tutti i pensieri vanno all'imminente presentazione ufficiale in pompa magna, in programma mercoledì 26 giugno nella cornice del Teatro di Corte di Palazzo Reale: un evento mediatico molto atteso, come testimoniato dalla prevista folta schiera di stampa estera. Ben prima però il tecnico salentino, al di là di merletti e lustrini in pieno stile Aurelio De Laurentiis, dovrà cominciare a mettere mano alle tante criticità che attualmente appesantiscono l'aria nel quartier generale di Castel Volturno. I casi principali sono tre, tutti piuttosto delicati in seno al club partenopeo, che in contemporanea dovrà valutare le situazioni sulla carta più marginali e il mercato in entrata.
Il mercato
In questi ultimi due ambiti rientra innanzitutto il rinnovo di Alex Meret, sempre più vicino, e la caccia ai puntelli perfetti per rinforzare la difesa. Se per Rafa Marin mancano soltanto le visite mediche e il resto dell'iter per arrivare alla fumata bianca dieto pagamento di 11 milioni dal Real Madrid, la strada per Mario Hermoso e soprattutto Alessandro Buongiorno è più in salita. Nel primo caso pesa la fase di frenata reciproca che però potrebbe interrompersi da un momento all'altro, in entrambi i versi, con quello negativo a prevalere qualora lo spagnolo non abbassasse le pretese a livello di ingaggio (5 milioni netti a stagione a fronte dei 3 milioni messi sul piatto dagli azzurri), mentre nel secondo il muro è rappresentato dal Torino, che chiede 45 milioni con la speranza recondita di trattenere il proprio gioiello. Preso atto di questa situazione, il Napoli sta anche cominciando a valutare il profilo di altri difensori: su tutti il vecchio pallino Jaka Bijol dell'Udinese, Maxence Lacroix del Wolfsburg e Strahinja Pavlovic del Salisburgo, con questi ultimi due che, età alla mano, rientrerebbero nell'ambito sempre ricco di incognite dei giovani inesperti da svezzare. Non esattamente il profilo di difensore di cui avrebbe bisogno una squadra alla vigilia di un nuovo ciclo, quello nel segno di Conte, preoccupato come tutta la società più che altro dai focolai interni.
I tre casi interni
Si comincia da Giovanni Di Lorenzo, il capitano sul piede di guerra nonostante la continua opera diplomatica che vede in Mario Giuffredi un intermediario tosto ma forse più morbido di quanto temuto. Il problema è che, nonostante i summit a più teste con contatti quasi quotidiani, la situazione non si schioda dalle posizioni iniziali diametralmente opposte: il terzino, che intanto per sua stessa ammissione sta vivendo un Europeo piuttosto complicato, continua a chiedere la cessione, con il Napoli che a sua volta non ha altre risposte che un diniego, a maggior ragione se la meta auspicata dal proprio capitano rispondesse al nome dell'acerrima rivale Juventus. Un compromesso, qualora il muro contro muro proseguisse, potrebbe essere salutarsi, sì, ma senza rinforzare una diretta concorrente con la quale non corre buon sangue per ovvi motivi storici ma anche in seguito ai recenti passaggi di diversi protagonisti da un fronte all'altro. C'è aria frizzantina anche intorno a Khvicha Kvaratskhelia, che tramite papà Badri e soprattutto l'agente Mamuka Jugeli manda messaggi poco rincuoranti sulla sua voglia di continuare a vestire la maglia azzurra. Dietro questo 'mal di pancia' ci sono le sirene del Paris Saint-Germain, con il quale pare essere già in piedi un accordo di base, e il mancato rinnovo con adeguamento del contratto all'ombra del Vesuvio: oltre all'assenza per almeno una stagione dal palcoscenico più ambito, quello della Champions League. L'unica arma che ha il Napoli per spegnere quello che potrebbe diventare un vero e proprio rogo è mettere sul piatto (finalmente) un ingaggio degno di uno dei giocatori simbolo dello scudetto: al momento si ipotizza uno stipendio triplicato, se non addirittura quadruplicato, rispetto agli 1,5 milioni attualmente percepiti in azzurro, con inserimento di una clausola rescissoria per salutarsi in futuro con meno spargimenti di sangue possibili. E qui entra in scena, tra l'altro a gamba tesa nonostante la professione di bomber puro, Victor Osimhen e la sua incresciosa situazione contrattuale. Quando poco prima di Natale le parti, dopo mesi di trattative e alterne vicende, siglarono un rinnovo fino al 30 giugno 2026, con stipendio aumentato a 10 milioni netti (all'epoca il più alto della Serie A) e clausola rescissoria da 120-130 milioni, l'idea era quella di cautelarsi in vista dell'estate successiva, quella in cui tutti avrebbero ottenuto quanto auspicato: approdare in porti più ricchi e ambiziosi per il nigeriano e incassare una somma monstre, liberandosi al contempo di un ingaggio altrettanto da paura, per il club partenopeo. Tra il dire e il fare ci sono però le dure e imprevedibili leggi del mercato, quelle che oggi intorno al numero 9 azzurro vedono una calma quasi piatta nel contesto della ridda delle punte che, come sempre, si arricchisce di nomi nuovi, più giovani e anche più allettanti. Insomma, anche un Osimhen che pure nelle annate meno fauste riesce a portare a casa un bottino di reti non da poco, paragonato ad altri prospetti più in voga e trendy, sembra quasi passato di punto come neanche il 'visionario' De Laurentiis poteva immaginare. Da un lato, poco male per il Napoli e per Conte, che potrebbe ritrovarsi in rosa una punta dalla sicura resa senza dover scommettere su giocatori nuovi dal dubbio impatto. A patto che però la suddetta punta sia ancora calata mentalmente in un progetto che, dal punto di vista economico, rischia di entrare in sofferenza a causa dell'ingaggio monstre partorito in inverno. In un certo senso, al di là dei convenevoli in programma nella presentazione di domani, il vero benvenuto a Conte è piuttosto agrodolce. Nel segno delle macerie del recente passato azzurro.
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